Non bastava rinunciare al ruolo di poliziotto del mondo: adesso il buon Biden arriva a dichiarare candidamente che l’amministrazione USA potrebbe non essere in grado di evitare un default, qualora lo spettro della crisi globale di cui tanto si parla arrivasse a materializzarsi.
Tralasciando le scontate considerazioni sulla decadenza degli USA e della sua classe politica, l’impatto della dichiarazione di Sleepy John non può non destare forti preoccupazioni, specialmente in questo Occidente smandrappato in cui la banche fanno tutto ed il suo contrario seminando fregature e derivati tossici: in questo mondo di economisti per insufficienza di prove, i boss del dollaro sembrano aver dimenticato la lezione di Keynes,che raccomandava in tempi non sospetti di
non svegliare il Leone addormentato (cioè la Cina).

Così oggi Pechino, primo prenditore dei titoli governativi statunitensi, potrebbe realmente mandare a gambe all’aria gli odiati yankees mandando all’incasso le vagonate di bond, cioè di debito pubblico, accumulati negli ultimi 30 anni: quella che per i più è solo un’ipotesi remota, infatti, diverrebbe improvvisamente un pericolo concreto ove un improvviso bisogno di liquidità imponesse al governo cinese un pronto ed immediato realizzo dei propri crediti, ad esempio per tamponare i fallimenti di colossi come Evergrande e soci.
Peccato che l’economia globale, che ormai somiglia ad un gioco ad incastro, impedisca a chiunque di ridurre la questione ad un affare personale fra Washington e Pechino, perchè l’Europa svilita e rivenduta all’uno o all’altro per un tanto alla libbra non è in grado di prendere decisioni realmente incisive e soprattutto non ha la forza e l’autorevolezza per proporre ricette funzionali al contrasto della crisi globale.

Il rischio di una resa dei conti fra l’Occidente invecchiato e logoro e l’estremo Oriente spregiudicato ed amoralmente aggressivo è insomma reale e,a quanto sembra, a noi sfavorevole. E’ il risultato di decenni di finanza spregiudicata e di politica imbelle, nella convinzione che bastasse un algoritmo finanziario a prevenire e risolvere qualsiasi probema , mentre il capitalismo di Stato made in China
si comprava in contanti la nostra indifferenza mentre esibiva il pugno di ferro a Thien An Men così come a Hong Kong.
Ma, come diceva qualcuno, se Scipione piange, Catone non ride ed in effetti il germe della crisi globale, nel puzzle dell’economia intera, potrebbe rendere effimera anche la gioia dei vincitori, costretti a svalutare moneta ed asset finanziari a fronte del crollo del PIL mondiale.

L’epilogo della lotta, insomma, potrebbe assomigliare ad uno di quei triller in cui i protagonisti muoiono assassinati uno dopo l’altro, fino al punto che alla fine, con dieci vittime e zero colpevoli, nessuno sarebbe in grado di spiegarsi seriamente l’accaduto.
Sarà la fine del capitalismo? Chissà.

Di certo, ogni cosa, ogni sistema, ogni corrente di pensiero ha un inizio, una fase di crescita, un declino ed una inevitabile fine. Il declino lo stiamo vivendo in pieno, ma forse non abbiamo capito a che punto della curva discendente ci troviamo.
Forse molto più in basso di quello che crediamo? Forse.
Di certo, prima o poi, scopriremo se è meglio una fine spaventosa o uno spavento senza fine.
Stefano Del Giudice