Onestamente non mi pare il caso di chiedersi chi è stato Giovanni Brusca e cosa ha fatto. Ci sono gli atti processuali, le sentenze passate in giudicato e le sue confessioni.
Ci sono poi le infinite orazioni di opinionisti del pensiero altrui ed intellettuali per insufficienza di prove, tutte uguali, tutte in copia incolla (dire in fotocopia non è più di moda) e quel che è peggio tutte irrilevanti, inutili e persino moleste, in quanto pretendono di illuminare la comprensione di uno dei boss mafiosi più sanguinari e spietati usando una lampadina spenta.

E tutti, come Shakespeare con il cadavere di Bruto, scrivono per seppellire Giovanni Brusca e la stagione delle stragi senza comprendere che spesso ne costruiscono involontariamente l’epopea, ammantando di sociologismi di maniera e di teorie psicologiche da bottega degli alimentari quell’aura magnetica e misteriosa che per educazione chiamerò “fascinazione del male”.

Ecco, io credo che a Brusca ed a quelli come lui non possa essere concessa neppure la passerella letteraria che spesso attinge dal crimine, perché neppure James Ellroy troverebbe qualcosa di letterario in uno stragismo fatto di autobomba con comando a distanza o di innocenti sciolti nell’acido.
Quello che invece dovrebbe far pensare è ciò che Giovanni Brusca ha più volte dichiarato, ovvero il fatto che egli non riuscisse a ricordare il numero delle sue vittime, ovvero delle vite umane trucidate in una vita di militanza mafiosa. Al confronto, il terribile Richard Kuklinsky, il famigerato killer professionista che in punto di morte confessò e descrisse minutamente oltre 80 omicidi, dimostrò di avere se non altro abbastanza considerazione della vita umana da ricordare con precisione il numero delle sue vittime e le circostanze con cui le uccise. Ma Giovanni Brusca? Brusca no, non riesce ad essere preciso, non ricorda, non è semplicemente in grado di affermare di aver ucciso 100, 200 o forse 400 esseri umani. E quel che è peggio, l’ammissione di Brusca è asciutta e paradossalmente serena, come se effettivamente un numero valga l’altro, perché alla fine un omicidio in più o in meno, una vita umana in più o in meno, è irrilevante.

Il problema, però, è che una società che si voglia dire civile non può accettare questo punto di vista. Ci scandalizziamo e ridiamo del libro di Antonio Cassano, uno che ha scritto di aver scopato con oltre 700 donne e che non ricorda il numero preciso, e poi facciamo finta di nulla per gli omicidi di Brusca? Forse perché Brusca si è “pentito” e Cassano ci ride sopra? Si lo so, il paragone apparentemente è provocatorio ai confini del “blasfemo”, ma quello che conta, a mio avviso, è comprendere che una cosa è essere bacchettoni ed altra cosa è condannare e disprezzare nel modo più netto e trasparente il fondamentale disprezzo per la vita e la dignità umana espresso dalla mafia dei Corleonesi, la famiglia mafiosa per cui Tommaso Buscetta, non potendo più vendicare con le armi l’omicidio dei suoi figli, decise di raccontare quello che sapeva a Giovanni Falcone, usando le sue confessioni come una sorta di lupara “legale”.

Quante persone hai ucciso? Non ricordo.
Eppure c’è chi per una sola vittima vomita tre giorni. La distanza fra l’amnesia ed i conati di vomito, se non lo avete capito, si chiama umanità.