*(l’hanno già scritto, lo so). Su gentile richiesta, come succedeva ai tempi delle prime radio private per le dediche musicali, mi trovo a ragionare dei due personaggi candidati a guidare quel che resta del PD al prossimo congresso nazionale previsto nel 2023, chè già fissare quello è stata una questione epocale e al tempo stesso comica. Spazzati via tutti gli altri candidati o presunti tali, inutile ricordarne pure i nomi, come per Highlander ne resterà uno soltanto. Non vi aspettate il classico pezzo con bio, vita morte e miracoli, rivolgetevi a Google e toglietevi ogni sfizio.

Peraltro io non sono del PD, provengo da un’altra storia e ho avuto un (temporaneo) interesse recente per chi poi si è dimostrato più volubile di me, aggiungendo delusione e sgomento alla mia ormai sgonfia idea di politica. Parafrasando una fantastica canzone della mitica Orietta Berti che diceva tu cambi bandiera, il mio deludente personaggio ha cambiato compagni di ventura alla velocità della luce, condividendone poi in maniera quantomeno imbarazzante progetti politici, o agevolando sia pure con una opposizione pseudo coerente un Governo che non mi convince punto.

Stefano Bonaccini è presidente della Regione Emilia-Romagna dal 2014, ha iniziato la sua carriera politica nel Partito Comunista Italiano, spostandosi gradualmente prima su posizioni socialdemocratiche e poi socialiste liberali, diventando uno dei principali rappresentanti della corrente riformista del Partito Democratico. Allontanandosi dalla sinistra direi, ma non vorrei urtare la suscettibilità degli amici democratici con questa affermazione. Bonaccini è un omaccione, stretto dentro una giacca e una camicia perennemente sbottonata ai primi due bottoni, occhiali montatura Ray Ban che ai tempi che era comunista li portavano solo i ragazzi bene e non quelli che indossavano l’eskimo. Però ha un approccio pragmatico e concreto e la sua carriera politica è lì a dimostrarlo, sprizza autorevolezza e simpatia che tuttavia non gli hanno evitato la tradizionale TAC regolamentare dalla magistratura consistente in un paio di procedimenti penali (il Cavaliere avrebbe potuto dire: benvenuto nel club) risultando negativo, pardon, assolto. Questo non gli ha impedito di svolgere al meglio l’attività di amministratore regionale della cosa pubblica regionale. Per chi volesse approfondire, ha pure scritto tre libri dove esplica il suo pensiero, che lo ha visto anche vicino ai governatori leghisti del nord, di quello veneto in particolare Luca Zaia, questo almeno nel periodo del governo Draghi. A lui i 5 stelle non dispiacciono, difficile dire se per convenienza numerica e dunque per poca fiducia nel partito di cui vorrebbe essere segretario o perché consapevole che ormai il partito di Conte, un tempo movimento come le sardine, è più a sinistra del PD. Imbarcherebbe tutti, anche il terzo polo, che intanto sta con tutti e contro tutti.

Elly Schlein, all’anagrafe Elena Ethel Schlein, è una politica italiana con tripla cittadinanza svizzera e statunitense ed è più giovane di Bonaccini, è stata europarlamentare per l’Italia (2014-2019) rivelandosi ingrata nei confronti di Matteo Renzi, che l’aveva candidata, ‘quando il PD buscava il 40,8% alle elezioni, amministrava 6000 comuni su 8000 e 17 regioni su 20. Quella stagione è finita perché dentro il PD hanno cominciato a far la guerra a chi portava a vincere’ (cit. Renzi). Nel 2020 è stata eletta all’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna svolgendo il ruolo di vicepresidente nella giunta Bonaccini fino al 24 ottobre 2022. Alle politiche del 25 settembre 2022 è stata eletta alla Camera come indipendente nella lista Partito Democratico – Italia Democratica e Progressista. D’acchito verrebbe da dire che la gratitudine non è la maggior virtù di Elly, ma così fan tutte e tutti, e tuttavia pur non rappresentando la sinistra propriamente detta (che ormai ritroviamo nell’alta percentuale di cittadini che non vanno a votare oppure nelle indomite file grillo/contiane) sente molto forte l’afflato dei diritti civili e lo fa proprio e lo rivendica. Non è esattamente di estrazione proletaria come Carlo Calenda, ma questa non è una colpa secondo me, perchè non è ostativo nel far politica anche se certo riporta a quel tempo lontano in cui solo i ceti altolocati potevano permettersi di governare. Tempi lontani, o forse no. A me basterebbe fossero competenti e preparati, i candidati. E dunque, dopo avervi stuzzicato con qualche pillola di notizie, arrivo al nòcciolo: scegliere il maschio, in senso lato e metaforico, Stefano Bonaccini, oppure la donna seppur mascolina Elly Schlein? Faccio mia la dichiarazione dell’ex Sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, tutt’altro che entusiasta di queste due candidature (e volutamente non mi soffermo sulle altre, ormai perse nel vento) alla segreteria del Partito Democratico. Cacciari, che da tempo non le manda a dire specialmente ai rappresentanti della sinistra (ma quando mai sinistra?) è stato critico verso la decisione di partire dai nomi e non dai programmi o da un confronto sulle idee. Non è questo il metodo da seguire, ha dichiarato. Non so dargli torto. Si pretende di scegliere sulla base del genere sessuale e si sbaglia. Si pretende di scegliere sulla base anagrafica e si sbaglia. Si pretende di scegliere sulla base dei soli diritti civili e si sbaglia. Si pretende di scegliere sulla base della sola economia e si sbaglia. Si pretende di scegliere sulla base della propria esperienza politica e si sbaglia. Ancora una volta si è persa l’occasione di fare Politica con la P maiuscola, senza correnti, senza slogan, senza autoreferenzialità. Potere al popolo, pugno chiuso e ti viene in mente Soumahoro con gli chantilly e la moglie in pose osées e borse firmate, come una Wanda Nara qualsiasi. Poerannoi. La lotta del proletariato è finita, fatevene una ragione.