C’era una volta Vittorio Gassmann, ovvero il Mattatore. Uomo antipatico, borioso, ma attore di spocchia e di talento, capace di far ridere e piangere nella stessa scena come solo i grandissimi, da Totò a Sordi fino a Fabrizi, sapevano fare. Ma qui parliamo di Alessandro Gassmann aimè.
Gassmann padre aveva un talento direttamente proporzionale al suo essere scomodo, esoso ed arrogante e proprio per questo, forse, è stato ingiustamente messo nel dimenticatoio.
Per lo stesso motivo, forse, il di lui figlio ed allievo Alessandro Gassmann, sicuramente meno eclettico e talentuoso, ma considerevolmente più piacione, ha sdirazzato rispetto all’inclinazione paterna verso il politicamente scorretto, fino a diventare uno dei tanti attorucoli “correttamente politicizzati” che pascolano nel grande prato del PD romano.

Come diceva qualcuno, se le colpe dei padri ricadono sui figli, è anche vero che il contrario non accade mai e quindi i meriti del grande Vittorio non saranno in alcun modo oscurati dalla mediocrità del figlio Alessandro, che non avrà mai nel suo curriculum pellicole come “I mostri”, “La grande guerra” , “I soliti ignoti” o “Il sorpasso”. E’ anche vero, tuttavia, che il burbero ed egocentrico padre non si sarebbe mai vantato pubblicamente di aver fatto la spia e denunciato i vicini di casa per una allegra serata in violazione della normativa sul Covid: il grande Vittorio, nella sua capacità di trasformare ogni cosa in una occasione per nutrire il suo ego di grande istrione, avrebbe al massimo urlato quattro invettive in greco antico, rigorosamente tratte da una qualche tragedia classica, ma solo per protestare contro i vili rumori molesti che gli avessero in qualche modo rotto i coglioni.

Oppure, per quella sorta di strana chimica che lega ogni uomo di cultura alle manifestazioni estreme dell’animalità, mi piace immaginare il Mattatore che suona al campanello dei fellonissimi vicini per sfidarli ad una immane e catartica gara di rutti.
Ma il povero Alessandro Gassmann, mediocre, ingrigito, ben attento a non debordare le righe del politicamente corretto, non avrebbe mai potuto fare qualcosa del genere: a lui ed a quelli come lui, non resta che “dirlo alla maestra”, fare la parte dei bravi scolaretti solerti e un po’ stronzetti che stanno sulle scatole come tutti quelli che fanno la spia e rassegnarsi al ruolo sfigato del comprimario coscenzioso.
Ma il vero guaio, per il povero Alessandro, è sul piano professionale: se nel fare lo spione
antiCovid lo avessero almeno contagiato, adesso si sarebbe potuto proporre per un ruolo diverso dal solito, roba tipo “007, la spia che mi infettava”, quasi a rinverdire i vecchi fasti della commedia trash con Lino Banfi, Pippo Franco e l’immancabile Bombolo.
Così, non resta che il solito tran tran con Papaleo e Valerio Mastrandrea, l’ennesimo “firmetto de’ noartri” con la sceneggiatura di Veltroni e la colonna sonora di Antonello Venditti. Regia di Ozpetek. Spettatori paganti circa tre. Amen.