Su Facebook si era preannunciata una bufera di persone e in effetti la capienza dell’Auditorium della Biblioteca San Giorgio di Pistoia (150 posti) è stata ampiamente messa alla prova: giovani, anziani, adulti e bambini; il pubblico di Carlo Verdone è il popolo nella sua totalità.
Alle ore 10,30 la sala era già gremita (ovviamente anche i posti in piedi erano finiti) e tutti erano pronti ad accogliere il regista, attore e sceneggiatore italiano che ha da sempre incantato il suo pubblico lanciando messaggi sociali sempre molto importanti.
Alle ore 11 e 5 minuti Verdone entra in scena dalla porta laterale della sala in un tripudio di applausi. Subito dopo inizia la tavola rotonda con la presentazione del numero 12 della rivista INLAND a cura di Ilaria Floreano e Roy Menarini. Questo numero è dedicato proprio a Carlo Verdone; l’obiettivo della rivista INLAND è quello di affrontare la carriera di autori del cinema di cui si è trattato poco, male o in maniera incompleta. Su Verdone non si è detto molto e sopratutto non se ne è parlato mai nel modo adeguato, così INLAND ha deciso di mostrare la sua natura ed importanza critica e culturale: un successo popolare che non gli è mai stato riconosciuto fino in fondo.
“Carlo Verdone è un autore che ha vinto moltissimi premi per il suo cinema d’autore – dice Roy Menarini, curatore di questo numero della rivista – ma non se ne è mai parlato. L’idea di questo numero di INLAND è quella di definire il Verdone autore, la sua idea di cinema e contenuto che coinvolge il pubblico, più che il Verdone attore”.
Da questo momento in poi entra in scena il regista, che inizia a raccontare la sua carriera, fatta di 42 anni di sacrifici e idee messe al bando da produttori e pubblico.
“Da “Io e mia sorella” in poi, inizia un periodo davvero importante per me – racconta l’attore – in cui ho incominciato ad essere meno romano. Avevo deciso di cambiare l’atmosfera dei miei film ed iniziare a lavorare con attori di livello: volevo sterzare dai miei personaggi, per non dare mai lo stesso film al pubblico.”
Verdone è nato come caratterista, come comico cabarettista, ma la sua anima è un’anima critica, che ha voglia di raccontare l’ambiente in cui vive, che lo circonda. Verdone vuole da sempre lasciare un messaggio forte ai suoi spettatori: vuole che chi guarda i suoi film legga dietro all’ironia e allo scherno, la realtà di tutti i giorni e le difficoltà che ne conseguono.
“Il cambio radicale – continua Verdone – è arrivato con “C’era una volta un cinese in coma”. Li ho dato sfogo a tutto il mio cinismo; ho voluto mostrare la vendetta della gente sull’attore, su colui che ci mette e perde la faccia. Non è piaciuto molto, la cosa mi ha intristito, ma il tempo mi ha dato ragione, perchè c’è stata una rivalutazione positiva dei temi affrontati nel film. La mia idea era quella di toccare delle corde diverse che vanno al di là della battuta e della gestualità.”
“Dopo il Cinese..” – come dice il regista – c’è stata una pausa che ha permesso a Verdone di riflettere sul suo ruolo nello scenario cinematografico e autoriale italiano. Poi è arrivata “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino. Il Carlo Verdone attore per altri, un Carlo Verdone che si è visto molto poco in 42 anni, ma proprio in quel film ha potuto mostra la sua anima. “Sorrentino mi ha lasciato sviluppare il personaggio come lo volevo e mi ha permesso di entrare a far parte di un mondo diverso da quello della commedia brillante; quello della scena drammatica. In futuro forse potrei tornare a lavorare per altri, ma preferirei sempre qualcosa di drammatico; la commedia brillante me la scrivo da me (ride): in passato ho ricevuto molte proposte, ma non erano adeguate a me, erano personaggi “fuori” dal mio contesto, e poi bisogna sempre stare attenti a non allontanarsi completamente dalla propria natura, quella per la quale il pubblico ti segue e ti ama. Il pubblico in primis, sempre.”
Il regista si è poi perso in aneddoti legati a proposte fatte e rifiutate (come quella di Ermanno Olmi, che gli telefonò per un suo progetto), oppure legati al rapporto vis a vi con il suo pubblico (come la signora incontrata al bar che gli chiese di non fare mai più nulla che non facesse ridere, dopo aver girato “La Grande Bellezza”).
Una mattina interessante che ha messo in luce un uomo dalla cultura straordinaria, amatissimo dal suo pubblico e ricco di sorprese e storie da raccontare.
Il Festival Presente Italiano quest’anno ha superato se stesso scegliendo Carlo Verdone come personaggio di punta, dedicandogli la rassegna; perchè ha dato modo ad una città piccola come Pistoia di conoscere dal vivo e in maniera completamente gratuita un pezzo di storia della nostra cultura contemporanea. Carlo Verdone rimarrà negli annali, e con lui anche questa edizione di Presente Italiano.