Cultura

“Donne nella storia del vivaismo: un microcosmo matriarcale?”

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Scritto da Irene Pagnini

Nelle culture più antiche le donne avevano un ruolo importante e fondamentale. Ancora oggi esistono società matriarcali, organizzazioni pacifiche ed egualitarie basate sulla partnership e non sul “dominio delle madri”, che continuano a tener vivo un diverso modello di civiltà per donne e uomini. Abbiamo intervistato a tal proposito Francesca Mati, co-titolare dell’azienda Piante Mati di Pistoia, che ci racconta come la struttura matriarcale e la partecipazione delle donne sia stata rilevante all’interno del mondo del vivaismo e soprattutto nella storia del vivaismo pistoiese.

“Donne nella storia del vivaismo: un microcosmo matriarcale?” Questo è il titolo dell’intervista… vorrei sapere cosa pensa lei riguardo questo tema, qualche spunto, qualche racconto di cosa ha significato il matriarcato nella storia del vivaismo e più in particolare nella vostra storia? Qual è stato il suo ruolo e, soprattutto, cosa è cambiato oggi? Le donne erano impegnate collettivamente a procurare cibo con le prime forme d’agricoltura, allevavano i figli e dovevano anche organizzare la vita sociale dei discendenti: erano quindi al centro della vita sociale e collettiva. Questo è cambiato con l’avvento del patriarcato e la società è diventata una società dominata dagli uomini.
Cosa è successo nel mondo del vivaismo pistoiese? Lascio a lei la libertà di raccontare.

« La figura femminile ha svolto da sempre un ruolo importante in agricoltura e anche nel vivaismo. Si dice che l’agricoltura fu inventata da donne che notarono la nascita di piante commestibili là dove avevano depositato i semi. Si passò così da raccoglitori nomadi a coltivatori/allevatori stanziali. Più cibo voleva dire più figli, più opportunità di sopravvivenza. Storicamente attorno alla donna si sviluppa la famiglia, l’economia domestica, l’educazione dei figli, per anni tutto questo è stato considerato normale e si è sempre svolto nell’ombra della figura imprenditoriale maschile.

Potrei citare molti esempi ma basta una vecchia frase per far comprendere di cosa stiamo parlando: “spesso dietro a un grande uomo c’è una grande donna”. 

L’azienda di famiglia il prossimo anno compirà 110 anni di attività, gli aneddoti legati alle figure femminile sono molteplici. La mia bisnonna Ginevra per esempio, donna in apparenza semplice, era a capo, in casa, di quattro famiglie: la sua e quella dei suoi tre figli maschi che lavoravano in azienda. La sua figura appare in molte foto, sempre leggermente in disparte. Quando il mio bisnonno Casimiro partì per la guerra di Libia nel 1911 rimase lei a gestire l’azienda assieme ad altre donne. Casimiro raccontava, scherzando, che fecero più danni loro che se fosse passata la guerra.

In realtà erano riuscite a conservare il patrimonio vivaistico permettendo all’azienda di sopravvivere anche alla successiva prima guerra mondiale. Ginevra era il terrore delle nuore che, mi hanno raccontato, comandava “a bacchetta” imponendosi in ogni decisione domestica. Per descrivere meglio la sua figura basta pensare a lei nella seconda guerra mondiale: era nota per indossare sempre una voluminosa gonna lunga fino ai piedi, non se ne separava mai, e con ragione! Finita la guerra si cambiò di abiti, mise la gonna sul tavolo e tolse dalle sue cuciture soldi, obbligazioni, azioni e forse anche qualche monile d’oro. Era riuscita a salvare un po’ del patrimonio aziendale che permise una veloce ricostruzione dell’attività. 

Mia nonna Lidia, sempre durante la seconda guerra mondiale, sfidò le autorità militari che le avevano arrestato il cognato e riuscì a farlo scendere da un treno che lo avrebbe portato via, forse per sempre. Era una donna in apparenza semplice ma molto determinata. 

Saltando ai giorni nostri una figura simile è stata quella di Maria Cristina, mia madre. Dopo aver allevato cinque figli, negli anni ’80 del secolo scorso decise di entrare nell’azienda per aiutare a uscire da una serie di problemi che si erano generati con il tempo e i passaggi generazionali. Prese in mano l’amministrazione e riuscì a ripristinare un delicato equilibrio aziendale, favorì il cambio generazionale nei confronti di noi tre fratelli (Andrea, Francesco, Paolo) e fu un punto di riferimento per le idee innovative che arrivavano da noi, preparando la strada a ciò che siamo divenuti oggi. Sono sicuro che in ogni azienda ci sono altri aneddoti legati a figure femminili e alla loro importanza nell’attività imprenditoriale. Oggi a Pistoia ci sono alcune realtà vivaistiche condotte da una donna, non tutte di piccole dimensioni; in altri casi le donne svolgono un ruolo di rilievo nella gestione aziendale nonostante ci siano ancora oggi alcuni preconcetti nei confronti dell’imprenditoria femminile. 

Alla fine dello scorso anno ho voluto celebrare un omaggio a tutte quelle figure considerate minori nel vivaismo, coloro che hanno contribuito a farlo crescere senza essere vivaisti: Capo operai, tecnici, ragionieri, venditori e molte figure femminili, madri, mogli, sorelle, figlie, che sono cresciute in azienda e che hanno lavorato per la crescita dell’attività, senza però mai apparire. 

In loro memoria ho piantato in Piazza del Carmine un albero forte e veloce nella crescita, un clone di Platano.»

Oggi nella nostra società, fondata su un immaginario collettivo omologato sulla predominanza degli uomini e dei patri, sembra impossibile pensare ad una “civiltà delle donne”. Per fortuna alcune idee fondanti della storia del matriarcato tentano di rimanere vive all’interno del mondo del vivaismo e forse dovremo considerarle come un’importante cassetta degli attrezzi da adottare, e perché no, adattare ai nostri sistemi sociali occidentali.

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