Dalla XII edizione di Pistoia-Dialoghi sull’Uomo: camminare, scoprire e conoscere (anche i propri limiti).
Sono questi i temi portanti di Pistoia- Dialoghi sull’Uomo, il festival dell’antropologia contemporanea, 24-25-26 settembre 2021.

Jerome Bruner, psicologo statunitense, sosteneva che le proprietà psichiche di una persona e l’attività mentale di ognuno non sono solitarie!
Va ricercata nella vita sociale e culturale della società, vissuta insieme agli altri, condividendo e sviluppando nuovi modi di ragionare e dando spazio all’immaginazione e al desiderio.
E’ proprio quello che mi succede ogni volta che prendo parte ad un evento di questo tipo: partecipare è sempre più emozionante e stimolante.
Ascoltare le esperienze ed il vissuto degli altri ci permette di guardare il nostro, di capire cosa ancora abbiamo da “fare” o di consolidare e riconoscere quello che siamo.
Io sono le montagne che non ho scalato.
Così parla Nives Meroi, alpinista italiana, che ha scalato insieme al marito Romano Benet i 14 ottomila, senza l’uso né di ossigeno supplementare né di portatori di alta quota.
E’ sempre possibile capire dove fermarsi?
Intervistata da Caterina Soffici, Nives racconta che è importante capire dove fermarsi, poter guardare e accettare i propri limiti.
L’alpinismo non è solo l’andare ma anche il ritornare, essere consapevoli ed autonomi ad ogni passo.
Di solito conto i passi fino a trenta e poi mi regalo due minuti di riposo, è utile per tenere sotto controllo il cervello, che è ancora funzionante. Si è in grado di contare e non è ancora in edema, una gestione non soltanto fisica ma anche e soprattutto psicologica, corporea.
E’ importante lasciar fare al corpo, che è in grado di sentire, di decidere cosa in quel momento è più funzionale, molto di più dei nostri pensieri.
Tutti dentro di noi abbiamo sempre due facce della medaglia: la fragilità e la forza, il coraggio e la paura.
Ma quello che è importante è ascoltarsi, tenersi in equilibrio tra queste due caratteristiche, dargli spazio, ondeggiando negli opposti.
Capire se vale la pena continuare a salire o se accettare i propri limiti e scappare, consapevoli di aver rinunciato.
Cosa si vede da lassù, in cima alla montagna?
A quella quota incominci a percepire la curva dell’orizzonte.
Con i piedi ancora attaccati alla terra, quello che provo è che ti senti parte di tutto quello che ti circonda e questa è una sensazione estremamente pacificante.

Il nostro compito è quello di scendere, ritornare giù portando con noi quello che abbiamo visto da lassù.
Siamo abituati a cercare l’avventura, la sfida, superare i nostri limiti, ma siamo legati alle nostre sicurezze, alla tranquillità.
La montagna ti insegna ad aspettare perché è lei che decide quando è il momento di salire, ti fa riflettere sul senso dell’attesa, della gestione della pazienza e di stare a contatto con il corpo e con le sue necessità.
In tenda in alta quota, in spazi di due metri, è essenziale sospendere ogni giudizio, cercare di stare a contatto con i tuoi limiti, non scoraggiarti e nemmeno aggrapparti alla speranza.
L’unica cosa che puoi fare è aspettare, è vivere quel momento per poter poi ripartire.
Una scala di stelle
Tutto quello che si porta dietro con sé in alta quota è essenziale, bisogna eliminare il superfluo.
Qualche volta per risparmiare la batteria ti viene da spegnere la lampada frontale e lì rimani nel buio. Immobile, perché le stelle sono più in basso di te, ti sembra di salire su una scala di stelle! La natura ti porta completamente a stare in contatto con te stesso, con il tuo corpo e con le tue sensazioni, perché tutto è naturale.
Rapporto con la Natura
La montagna era un luogo da guardare da lontano, popolato dai mostri, di spiriti o fantasmi.
L’alpinismo nasce alla fine degli ‘800 quando gli inglesi decidono di sfidare la Montagna, di superare i propri limiti e di salire.
La montagna generalmente viene ritenuto un ambiente ostico per l’uomo ma nei paesi come il Nepal non solo sono sedi delle divinità
Sono dei, loro stesse!
Quando si arriva ai piedi di una montagna, prima di salirla, bisogna effettuare una cerimonia, recitare dei mantra e fare delle offerte al dio montagna. Le si chiede il permesso di poter calpestare i suoi fianchi.
Un contatto bellissimo con la natura ma anche con gli animali. Per esempio i corvi, che sono animali che nella nostra cultura portano sfortuna, invece lì in quei paesi sono dei messaggeri.
Sono una compagnia incredibile, ti seguono dal campo base fino ad altissima quota, hanno una motivazione affascinante. Sembrava che ci accompagnassero in questa montagna della Annapurna, come se ci indicassero il percorso.
Attesa e solitudine
Io e Romano siamo due solitudini che però siamo unite
Passare la notte significa chiudere gli occhi e quando fai ciò ti lasci andare, sei da solo con te stesso, ti affidi alla montagna, accogli e attendi quello che succede.
In spedizione sei lì, con le sensazioni che ti dona la montagna. Il venticello, la neve che ti bussa alla tenda, puoi leggere ma puoi anche non fare niente, oziare, godere di quel tempo. Anche se ogni tanto può far paura stare da soli con se stessi!
Mentre Nives e Romano salivano la montagna per raggiungere il record nel 2009, lui avvertì della stanchezza. Sensazioni che potevano essere considerati normali vista la difficoltà. Ad un certo punto, lui non se la sentì di continuare e così le comunicò di dover continuare il percorso da sola.
Nives si rese conto di non sapere in che condizioni lo avrebbe ritrovato, essendo quella quota un ambiente non naturale. Quindi era il momento di prendere una decisione!
La mia decisione è stata quella di scendere insieme. Per me non aveva senso continuare senza di lui visto che fino a quel momento avevamo sempre “viaggiato” insieme.
Per poter accettare i propri limiti è importante esserne consapevoli, guardarli con occhi generosi e non giudicanti. Avere una buona conoscenza dei propri limiti vuol dire possedere anche una buona autostima. Una migliore conoscenza delle proprie capacità, dei propri bisogni e desideri.
Quando impariamo ad ascoltare il nostro corpo, che continuamente ci invia dei segnali, significa anche non stare sempre lì a manifestare ciò che non siamo.