Cultura

Riflessioni rosa post elettorali

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Scritto da Cinzia Silvestri

Nel mentre la polizia morale iraniana uccide e arresta le donne colpevoli di non sapersi aggiustare convenientemente il velo in capo, colpevoli di protestare nelle strade e nelle piazze per la loro condizione femminile tagliandosi i capelli a ciocche e bruciando pubblicamente l’hijab, aggiungendosi a tutte le altre donne, tante, troppe che in tutto il mondo, dalla progredita America ai Paesi arabi ed all’Oriente si vedono condizionate nella loro libertà di parola e di azione, limitate nella loro emancipazione, nell’italica Repubblica delle banane 10 e lode importate è avvenuto un fatto epocale su cui i mass media si sono concentrati con approssimazione, tutti presi dalla foga ideologica che lascia come sempre poco spazio alle considerazioni oggettive. Giorgia Meloni, leader del partito conservatore Fratelli d’Italia, ha vinto e stravinto le elezioni politiche, che lei molto probabilmente non voleva o perlomeno non in questo momento segnato da guerre, aumenti del gas e beghe post pandemia, ma desiderate dai suoi presunti alleati Lega di Salvini, Forza Italia di Berlusconi e scatenate dal M5S di Conte bifronte come certificano i suoi disastrosi Governi Uno e Due.

fratelli d'italia
Giorgia Meloni, leader del partito Fratelli d’Italia

Forse lui sperava pure in un Ter oppure in un Bis col PD, ma poi ha preferito fare il sostenuto, raccogliendo maggiori consensi dove il reddito di cittadinanza è più distribuito e i navigators si sono estinti prima ancora d’essere nati e cresciuti. Giorgia Meloni, colei che gioca col suo cognome poco elegante (vuoi mettere l’eleganza nel pronunciare Maria Elisabetta Alberti Casellati, per esempio?) esibendosi con un paio di frutti di fine stagione davanti al petto, oppure con una cassetta di pesce per giocare sulle accuse, ahinoi fondate, d’esser becera e sguaiata, sarà la nostra Presidente del Consiglio dei Ministri. La prima di sesso femminile. Tutte contente le donne? Macchè e per certi versi è pure comprensibile perché ‘Io sono Giorgia, sono una madre, sono una donna, sono cristiana’ finora non ci ha rappresentate tutte quante, non rappresenta di sicuro le lesbiche, le islamiche, le abortiste, per dire.

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Consoliamoci perché nemmeno Laura Boldrini, donna di sinistra, già delegata Onu e Presidente della Camera, può dirsi rappresentante dei diritti femminili, visto che è stata contestata in occasione di una manifestazione in difesa dell’aborto. I diritti civili si sa, possono essere come la mano del camionista personaggio di un film di Verdone: possono esse’ piuma e possono esse’ ferro, anzi feRo. Tutto sta nel come si maneggiano, perché se portiamo in aula parlamentare i diritti Lgbt non possiamo poi lamentarci come una qualsiasi contessa Mazzanti Vien dal Mare se la colf strapagata ci molla e ci costringe ad andare dal fruttivendolo per la spesa e a far faccende nella tenuta di Capalbio (ogni riferimento a Monica Cirinnà è puramente casuale). Provengo da una famiglia di tipo tradizionale senza genitore 1 e genitore 2 dove tuttavia non ci sono mai state discriminazioni sugli omosessuali, che all’epoca in cui ero più piccina si definivano come un ortaggio ma non (perlomeno non sempre) in senso offensivo e irrispettoso. Gli omosessuali non si nascondevano, erano più riservati questo sicuramente, senza Gay Pride: ne ricordo uno che viaggiava sempre in bicicletta, aveva avuto pure un foglio di via. Quando è morto la comunità del piccolo paese dove viveva lo ha pianto sinceramente, per il suo amore disinteressato verso i malati e i più deboli, ai quali portava il suo aiuto morale e materiale. Riuscirà la nostra prossima PdC a garantire anzi, a migliorare i diritti civili di talune minoranze che, è bene sottolinearlo, manco la più emancipata sinistra è riuscita a tutelare e proteggere? Perché il ddl Zan è rimasto sospeso, e pure la legge sul fine vita, chiedete a Marco Cappato, non riesce a trovare la luce e pure se PaPillon è stato finalmente trombato alle elezioni, il diritto all’aborto non deve essere considerato un diritto sempiternamente acquisito. I toni meloniani in campagna elettorale apparentemente si sono acquietati, il tempo ci dirà se era mera propaganda oppure la consapevolezza che fare la premier non è esattamente stare dietro il banco del pesce, con tutto il rispetto per il pesce e per chi lo vende. Con quel che costa poi, signora mia!

Meloni è sola contro tutti, direi anche contro i suoi stessi alleati: perché si sa che le donne non riescono a fare branco come sa fare invece benissimo il genere maschile, soprattutto in politica. L’aspettano al varco, taluni scellerati, auspicando l’inciampo senza minimamente considerare che se scivola lei, stavolta va a ramengo il Paese e ci faremo del male tutti noi italiani, mentre Draghi resta a guardare, con viva e vibrante soddisfazione direbbe Giorgio Napolitano presidente emerito. Io non mi sento rappresentata da Emma Bonino, ormai acida vecchietta attaccata alla comoda poltrona e non per sentimentalismo ma per calcolo, oppure da Debora Serracchiani che non ha portato grandi risultati quando ha ricoperto incarichi ma si dichiara soddisfatta per il primo posto del suo partito. All’opposizione, perché pareva brutto dire che aveva perso disastrosamente le elezioni. Io non mi sento rappresentata dalla prossima ex ministra Lamorgese, per i suoi approssimativi risultati in tema di sbarchi ma anche di conteggi elettorali (ma nemmeno mi consola che al suo posto possa esserci l’ineffabile Matt con i suoi triti e ritriti slogan). Che dire poi delle varie Ronzulli, Santanchè e Fascina, Gelmini e Cucchi? Sono state elette per merito ovviamente, per indubbie capacità, con l’aiutino marginale di una legge che fa schifo ma che i partiti tengono stretta e non ci penZano proprio a cambiarla. Sono queste le donne che mi dovrebbero rappresentare in Parlamento? Ma anche no, perdio. Le donne che lavorano, che combattono con il caro vita, con uno stato sociale inesistente o quasi, con una sanità allo sfascio, con le disuguaglianze di genere delle buste paga, tanto per citare qualche grana a caso, possono identificarsi nella Danielina dell’esclusivo Twiga? Dubito.

Le donne che credono nell’emancipazione, nella parità dei sessi possono accettare moralmente la nipotina che finge di sposare il nonno? Le donne che credono nell’istruzione possono riflettersi in chi da ministra credeva nell’esistenza di un tunnel che dal Cern in Svizzera arrivasse fino al Gran Sasso? Le donne che confidano nella giustizia possono affidarsi a chi magari in buona fede ha cavalcato la tragedia di un fratello per arrivare fino in Parlamento? Tutto è legittimo ovviamente, niente di quanto sopra viene messo in discussione: queste donne rappresenteranno il popolo italiano alla Camera e al Senato. Vedremo cosa saranno capaci di fare, ma è difficile rintuzzare il pregiudizio nei loro riguardi. Dire donna non è dire danno, ma appartenere al genere femminile non significa necessariamente avere la patente di competenza, capacità, equilibrio, rigore, rispetto. Volutamente ometto il termine onestà anzi honestà con la acca rafforzativa, perché con i five stars abbiamo già dato e se proprio devo scegliere tra un onesto incapace e un disonesto capace preferisco quest’ultimo: il guaio è che oggi abbiamo generalmente disonesti incapaci. Viviamo in una società (in)civile che si reputa in, vale a dire ganza, dileggia Samantha Cristoforetti astronauta, prima donna italiana negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea e prima donna europea comandante della Stazione spaziale internazionale e pure laureata ad honorem in bioingegneria, mica pizza e fichi, mentre ci offre spunti stupendi di ciaccole elevate a titolo di tiggì, accanto ai rischi di bombe nucleari ed altre cosucce. Mi riferisco al gossip di Rula Jebreal utilizzato per attaccare Meloni, dimenticando i tempi in cui si faceva fotografare con quel buontempone di Harvey Weinstein, le donne del #metoo magari le spiegano con parole loro e mi riferisco pure al love affair finito male della coppia più truzza e popolare per eccellenza Totti – Blasi. Da tempo non uso più l’ammorbidente, sora Ilary, che già il nome è tutto un programma, per non parlare di quello affibbiato alla figlioletta: preferisco occuparmi delle ciocche iraniane, senza balsamo.

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