Cultura

L’ho fatto ammazzare per stizza

lady gucci
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Scritto da Cinzia Silvestri

Tra pochi giorni uscirà nelle sale cinematografiche il film di Ridley Scott che narra le vicende legate all’omicidio di Maurizio Gucci. La sceneggiatura è tratta dal libro “The House of Gucci: A Sensational story of murder, madness, glamour, and greed” di Sara Gay Forden. Non ho proprio idea di come sarà questa pellicola dedicata in gran parte a Lady Gucci; il regista Scott è piuttosto eclettico e non ha un ‘filone’ preferenziale: di sicuro, ma non c’entra la bravura semmai la trama, non m’ aspetto che sia un film alla stregua di Blade Runner o di Hannibal, tanto per citarne un paio, uno diventato cult e l’altro stuzzicante perchè girato in parte a Firenze (un mio conoscente attore fece da comparsa facendosi immortalare nella foto ricordo con Anthony Hopkins) dove Richard Harris, autore dei libri narranti il personaggio del dottor Lecter, trascorse un periodo frequentando l’aula bunker di Santa Verdiana ai tempi del processo al mostro di Firenze.

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No, scordatevi l’efferatezza, il fascino del male nel delitto Gucci, e non perchè sia un fatto realmente accaduto (basti pensare al ‘canaro della Magliana’ che supera per ferocia pure Hannibal the Cannibal. Mi intriga come Scott cucinerà la vita di questa donna, per ora intravista in qualche fotogramma dal set, con una griffatissima Lady Gaga, ineguagliabile cantante e perfomer artistica, che auspico non ci propini la lagna piglia-Oscar di “A star is born”. Oddio, rendere Patrizia Reggiani, ossia Lady Gucci, un personaggio verosimilmente noir occorre notevole impegno, perchè tolti i miliardi, le barche, le ville, i gioielli, l’agiatezza materiale, di questa assassina resta poco.

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Non c’è nulla della passionalità disposta ad ammazzare della contessa Pia Bellentani o del marchese Casati Stampa, per non parlare di Rita Fort che negli anni ‘40 ammazzò la moglie del suo amante e i suoi tre figli, e nell’unica deposizione rilasciata chiosò: “Le vittime agonizzavano ancora quando accostai la porta e discesi le scale. Andai a casa, mangiai due uova fritte con grissini. La notte non potei dormire. Il giorno seguente mi recai normalmente al lavoro”. Rita Fort lanciò una moda, quella di tenere una sciarpa intorno al collo che le copriva il mento e le labbra appena, facendo parlare i suoi occhi dietro le sbarre. Anche la signora Reggiani ce la ricordiamo nelle foto segnaletiche con uno sguardo vacuo: Maurizio Gucci se n’era innamorato ravvisando una somiglianza con Liz Taylor. Certo, che dopo un arresto non si è al meglio della forma e c’è da dire Patrizia Reggiani aveva subìto un intervento chirurgico di rimozione di un tumore al cervello che tuttavia le perizie hanno confermato averla lasciata capace di intendere e di volere. Lady Gucci ha pareggiato i conti con la legge e con chi l’aveva citata in giudizio, vedi il portiere dell’elegante palazzina milanese di via Palestro dove Maurizio Gucci fu ucciso; lei oggi si fa forte di un accordo stipulato con l’ex marito a Sankt Moritz nel 1993, messo in discussione dalle figlie. A questo punto, c’è da chiedersi chi gliel’abbia fatto fare a questa signora molto griffata ma poco elegante, che spendeva fortune per avere fiori freschi in tutta casa, per la felicità dei fiorai meneghini, che sfoggiava toilettes con pellicce ricercate e gioielli sovente pacchiani – del resto la moda degli anni ‘80 con pettinature cotonate assurde e abiti dalle spalline troppo gonfie non dava molte chances allo stile personale – chi gliel’ha fatto fare di ammazzare la sua fonte di reddito.

Una signora, Lady Gucci, che non aveva in casa sua un salotto di intellettuali, ma si circondava di personaggetti, come un politico campano di oggi direbbe, che tiravano a campare. Sulle spalle degli altri se possibile, come l’amica Pina la maga. A chi gliel’ha chiesto, a Patrizia Reggiani, il motivo lei ha risposto: “l’ho fatto ammazzare per stizza”. Ecco perchè, a rileggerla oggi, la storia di questo omicidio diventa la tragedia di gente ridicola, una roba in tema con certe telenovelas brasileire intitolate “Anche i ricchi piangono”.

Si sospettava all’inizio un complotto raffinato per motivi d’affari, invece Gucci fu ammazzato da quello che il Pubblico ministero definì “un gruppetto di assassini”. Assassini piccini picciò, una manovalanza da basso prezzo, morale e materiale, se avessero rubato si sarebbero chiamati ‘ladri di polli’. Poco scaltri e con la bocca larga, offrirono dopo un paio d’anni la soluzione agli inquirenti grazie alle vanterie di Ivano Savioni, portiere d’albergo che aveva spifferato all’amico Gabriele Carpanese, presentatosi come narcotrafficante legato ai colombiani, di aver organizzato l’omicidio Gucci. Carpanese raccontò tutto alla Criminalpol e così nel gennaio 1997 i cinque accusati dell’omicidio furono arrestati. Savioni confessò subito, Giuseppina Auriemma, detta ‘Pina la maga’, amica intima e confidente della ex signora Gucci che praticamente godeva di viaggi e benefits grazie alla generosità della Reggiani e che passava svariato tempo nell’attico in piazza San Babila a Milano e per l’accusa aveva organizzato con Savioni il delitto su mandato della Reggiani, invece ci ripensò. Anche in successive interviste, la più famosa resta quella rilasciata a Franca Leosini per Storie Maledette, prenderà le distanze nella complicità, sancita dalle sentenze, dell’omicidio. Quello che poteva essere un intrigo internazionale si rivela uno squallido gioco mortale voluto da una donna viziata, evidentemente non sazia di quattrini e potere, perchè non era certo una vendetta d’amore a spingerla a far fuori l’ex marito, ma il timore bizzoso di perdere lo status raggiunto, con l’onta di non portare più il cognome Gucci. Un cognome prestigioso, nato praticamente dal nulla e diventato simbolo in tutto il modo di eleganza, esclusività, lusso: Gucci è stato per generazioni un brand venduto solo nei negozi monomarca in pochissime località privilegiate (Montecatini Terme era una di queste, con una boutique vicina al Grand Hotel e al Kursaal).

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Una donna enigmatica Lady Gucci? Si direbbe di no anzi, piuttosto scontata, spero dunque che il regista Scott renderà il suo personaggio più intrigante perchè, lo ribadisco, se la si spoglia degli orpelli cari al jet set non mostra davvero una personalità tipo Alex Forrest di Attrazione Fatale o La Sposa di Kill Bill vol.I.

Patrizia Reggiani di irresistibile ha l’antipatia dei nouveaux riches, quell’alterigia e quell’apparente sicumera che le avranno consentito di vivere in carcere con distacco dagli altri detenuti.

Distacco sì, ma non troppo, visto che la ex compagna di reclusione, Loredana Canò, ha ricevuto lo sfratto dalla villa della Reggiani dal Tribunale. Eh sì, se l’era portata a casa come dama di compagnia ed è stata decisiva la testimonianza del domestico per l’ordine di protezione, che ha portato al nuovo amministratore di sostegno della Reggiani due audio che dimostrano come Canò stesse sfruttando la fragilità psichica dell’amica milionaria. Milionaria e incapace di badare a sé stessa, considerato che è così attratta dalle ‘cattive’ amicizie? Una vulnerabilità sui generis, l’approccio naïf tra il provocatorio ‘lei non sa chi sono io’ e la dabbenaggine superficiale che le fece chiedere di un contatto coi sicari al salumiere.

Il ‘processo Gucci’ fu seguito dai media con le ormai consuete morbosità: si scoprì che dietro al delitto si celavano figure davvero scadenti e non solo sul piano della moralità. Ivano Savioni era un conoscente di Giuseppina ‘PIna’ Auriemma: le indagini consentirono di intercettare le conversazioni telefoniche tra Savioni e Auriemma, rivelando molto chiaramente il coinvolgimento dei due nell’omicidio dell’imprenditore italiano e nominando Patrizia Reggiani come mandante che, in seguito alle intercettazioni, fu arrestata nella sua abitazione la mattina del 31 gennaio 1997 dalla Criminalpol: indossava un visone lungo fino ai piedi. Nella stessa mattinata furono messi agli arresti anche Benedetto Ceraulo, accusato di essere l’esecutore materiale del delitto, Orazio Cicala, come autista nonché complice dell’assassino, Ivano Savioni, accusato di essere l’organizzatore del delitto e colui che fornì il sicario alla Reggiani e Giuseppina ‘Pina’ Auriemma, intermediaria del delitto. Tutti i coinvolti, escluse le amiche Reggiani e Auriemma, avevano già avuto problemi con la legge in passato.

L’assassinio di Maurizio Gucci fu commissionato per una cifra pari a 600 milioni di lire. Patrizia Reggiani e Benedetto Ceraulo non hanno mai ammesso il loro coinvolgimento nell’omicidio. Nel novembre 1998 Patrizia Reggiani e Orazio Cicala furono condannati a 29 anni di reclusione, rispettivamente come mandante dell’omicidio e autista del killer; Benedetto Ceraulo all’ergastolo come assassino materiale; Giuseppina Auriemma a 25 anni di reclusione per favoreggiamento e Ivano Savioni a 26 anni come organizzatore dell’assassinio. Le rispettive pene sono state poi ridotte, Reggiani ha scontato solo 16 anni di carcere, terminando la sua pena svolgendo attività di volontariato. Nel 2011 le venne offerta la possibilità di lavorare sotto supervisione carceraria, ma rifiutò dichiarando: “Non ho mai lavorato in vita mia e di certo non inizierò ora”. Nel settembre 2014, dopo la sua scarcerazione, in un’intervista, la Reggiani disse di sentirsi ancora la signora Gucci. Le figlie in tutta questa vicenda hanno avuto un ruolo riservato e controverso. Dopo aver difeso la madre, adducendo alla grave patologia al cervello la causa della sua personalità, dopo la condanna interruppero i rapporti con Lady Gucci, così è stata sempre soprannominata Patrizia.

Nel febbraio 2017 Patrizia Reggiani torna libera dopo aver scontato 18 anni di carcere e poco dopo inizia una battaglia legale con le figlie Allegra e Alessandra, decise a non concedergli il vitalizio che il padre, tramite un accordo firmato nel 1993, aveva promesso all’ex moglie. Le due donne però perdono la causa e vengono obbligate dalla Cassazione a versare un vitalizio di un milione di euro l’anno alla madre, oltre ai 20 milioni di euro di arretrati, malgrado la condanna per l’omicidio del marito ed ecco che quindi hanno recentemente intrapreso un’altra causa legale per far riconoscere l’interdizione della Reggiani.

Tra leggenda, gossip, tragedia e realtà, talora grama come quella vissuta dietro le sbarre, vale la pena riprendere uno stralcio dell’intervista rilasciata poco tempo fa al Corriere della Sera da Lady Gucci: Forse vorrebbe vivere altrove? «Mah. Forse New York. Avevamo un magnifico attico, nella Olimpic Tower. Vedevo il mondo dall’alto. È una sensazione che mi dà pace e soddisfazione». Lei pensa alla morte? «La attendo.» In che senso? «Sono divorata dalla curiosità di sapere come possa essere». E come potrà essere? «Appunto, mi piacerebbe scoprirlo. Verrò cremata, le ceneri lanciate in mare dal mio antico veliero. Poi, forse, mi reincarnerò».

Cinzia Silvestri

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