Cultura

Wanda e la trota

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Scritto da Cinzia Silvestri

Potevo tediarvi con l’analisi dell’emancipazione femminile ai tempi dei talebani in Afghanistan, così emancipate da venir decapitate se hanno la passione di giocare a pallavolo. Beh, se proprio vogliano fare sport che vadano all’estero, perdio, sempre che gli riesca. Abbiamo dedicato al tema anche troppo spazio. Ai tempi dei social e dei media impazziti e venduti al miglior offerente, anche il dibattito sulle donne afghane è ormai superato, non interessa. Vuoi mettere parlar di Ambra e del tapiro d’oro, di Vanessa Incontrada involontaria complice della consegna del poco ambito premio, a sua volta attapirata per la sua bellezza morbida e per l’approccio diretto con chi l’ha denigrata senza pietà? Nel calderone gossiparo un posto di rilievo ce l’ha pure la giornalista Selvaggia Lucarelli, che ambirebbe a fare l’impegnata e poi tra un post di ferie mal riuscite e un posto da giurata nel varietà televisivo, riesce a superare il guizzo maligno della peggior pettegola di paese. Perché non c’è nulla da fare, il pregiudizio frega le donne, tutte le donne, pure quelle acculturate, prima o poi. E la trota poveretta ci rimette, viene portata alla ribalta della cronaca, sbattuta come un mostro in prima pagina. Questo accade quando l’amour fou, quello spacciato per vero, passionale, erotico, sbatacchiato con post da milioni di visualizzazioni sui canali social, si scontra con una femmina munita di attributi che vorrebbe difendere come una leonessa nella savana ciò che gli appartiene. Sto parlando della sora Wanda e di un famigerata frase indirizzata al marito: “Hai rovinato un’altra famiglia per una tro*a”: trota, appunto.

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In Argentina il fatto, grave e sconvolgente, è stato denominato Wanda-gate ed io aggiungerei un sommesso sottotesto: storia tragicomica di adulterio e smania di protagonismo.

La sora Wanda è modella, attrice e conduttrice tivù, nonché procuratrice sportiva e su quest’ultimo aspetto mi soffermerei, perché fare il procuratore è un mestiere da maschi, occorrono grinta e determinazione, attributi e contro-attributi, perché il mondo del calcio è un mondo difficile (cit.), girano tanti contratti e tanti soldi, bisogna quindi essere scafati. Wanda Nara ha ben dimostrato di avere le doti per questo lavoro, ma non si è certo limitata a svolgerlo tra riunioni di CdA: la sua immagine pubblica, sovente inflazionata, l’ha vista moglie focosa e provocante di due-calciatori-due, uno sposato nel 2008 e l’altro nel 2013, con i quali ha avuto cinque pargoli. Le prime nozze si son concluse con un divorzio dopo che i coniugi si sono reciprocamente accusati di infedeltà. Le seconde sono in crisi profonda e il motivo è sempre l’infedeltà, stavolta del marito fedifrago con una avvenente trota. E cosa fa una moglie sexy e devota alle prese con una trota? La cuoce a puntino, al forno, in padella e al cartoccio. La cucina e il piano cottura si trovano sui social che offrono pure altri insaporitori.

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A dire il vero, dalle mie parti si direbbe che la sora Wanda butta via del suo, ma in questo modo diventerei sgradito giudice con pregiudizio nei confronti di un’altra donna e io questo privilegio lo lascio alle Lucarelle e a tutte le donne frustrate e deluse che godono se una donna bella e di successo patisce per amore (e forse, dico forse, anche per le beghe professionali visto che cura gli interessi del secondo vigente marito). No, poco mi importa giudicare la sora Wanda, che sembra la versione più evoluta di Loredana Lecciso, con aggiornamenti e back up: certo un po’ patisco quando si atteggia a vamp nella sua cabina armadio piccola come un campo di calcetto, esibendo le sue borse Birkin di Hèrmes che accanto a lei paiono quei modelli acquistati dal vu’ cumpra’ sotto l’ombrellone. Ha un approccio triviale che svilisce, assolutamente trendy e in linea coi tempi che corrono, però credo che meriti tutta quella solidarietà che di solito il 25 novembre si riserva solo alle donne più sfigate di lei. Perché non so se ve ne siete accorti, c’è una bilancia anche per nell’esser solidali: la donna vincente, emancipata, di successo, bella par che ne meriti poca, di vicinanza emotiva. Il modello self-made-woman solitamente attira antipatie, insofferenza, incapacità di ascolto. Dalle donne specialmente. Del resto, che differenza c’è tra una moglie procace che si offre in foto in tutte le pose audaci possibili, con le tette strizzate, con il lato B esibito come un mappamondo luminoso, con quegli sguardi… Ah, quanto si potrebbe scrivere su quegli sguardi languidi, tipici delle trote. Perché insomma, è inutile che la vittima del coniuge traditore brandisca come una spada sortita dalla roccia i social media dichiarazioni ufficiali e ufficiose contro la trota, che tanto le somiglia.

Per certi versi, si potrebbe dire che è uno specchio forse un po’ fatato, perché a parità di botox di solito c’è una carta d’identità letale. Insomma la colpa, sora Wanda, morì fanciulla e poi chi è senza peccato scagli la prima pietra, chi la fa l’aspetti e il tempo è sempre galantuomo e gli affari sono affari. Leggo che la crisi è rientrata, il coniuge farfallone è stato accolto nuovamente tra le sue braccia e questo non può che far felici i vostri fans: la famiglia prima di tutto.

E della trota rimane la lisca.

PS.: mi dicono che l’asterisco indicato nel post alla parola tro*a non era riferito alla lettera T. Me ne scuso: caso mai di Troia e del suo cavallo se ne parlerà alla prossima inevitabile puntata.

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