L’oriente è da sempre una meta esotica ed interessate per tutti coloro che amano viaggiare. Lo so, lo so, parlare di viaggi in un momento come questo, in cui è bene stare a casa per evitare contagi non è un’idea brillante. Possiamo però sognare mete lontane per sentirci meno soli, ma sopratutto guardare il mondo con occhi diversi.
Comprendere la cultura orientale in toto è cosa molto complicata, mi soffermerei quindi a parlare della cultura cinese, a cui sono molto legata da diversi anni.
I cinesi sono un popolo silenzioso, fortemente radicato nelle sue tradizioni: sono persone piccole, essenziali, molto spesso crude, ma molto, molto pratiche. Vivono con poco, ma non disdegnano il lusso se possono permetterselo. I cinesi sono il popolo del sostegno; ovvero si sostengono a vicenda e quando sentono di potersi fidare, sostengono volentieri anche gli altri popoli. Se si sentono minacciati però alzano un muro, alto e spesso, difficilissimo da valicare. In Cina adorano fare festa, a modo loro, seguendo le regole e con orari ben precisi. Amano stare in gruppo, più precisamente in famiglia, concetto che molto spesso è esteso e va al di là dei legami di parentela. Lavorano tantissimo, sono instancabili: non si tratta di stacanovismo, ma piuttosto di dedizione a ciò che fanno.
Insomma, c’è molto da imparare dal popolo cinese, sopratutto in questi momenti difficili che coinvolgono tutta la comunità a noi vicina. Sopratutto c’è una cosa dei cinese che dovremmo fare nostra come italiani: loro sono una Nazione, hanno un sistema capillare di informazione e anche se hanno un regime politico fortemente autoritario non vivono mai al di sopra delle loro possibilità, seguono le regole e ammortizzano sempre i danni provocati dagli inconvenienti che capitano sulla loro strada.
Nel caso specifico, il Covid -19, il contagio è partito in Cina, ma la loro paura li ha aiutati a resistere e a non arrendersi. L’Italia ha visto arrivare il virus in sordina e ha visto il contagio espandersi a macchia d’olio per l’incoscienza dell’italiano medio, che ha sottovalutato il problema e non si cura, come non si è mai curato, della propria salute o di quella altrui.
Le misure prese ultimamente con l’ultimo decreto ministeriale dovrebbero aiutarci ad uscire da questa situazione di contagio, ma l’Italia non è comunque pronta ad affrontare questa guerra batteriologica, perché l’italiano medio non è pronto a rispondere all’esigenza personale e umana di seguire le regole per salvarsi.
La cosa più grave è che in Cina quando è stato imposto il divieto di uscire di casa, non solo tutti lo hanno rispettato, ma il governo li ha incentivati assicurando loro che le cose in pochi mesi si sarebbero sistemate e le loro attività, le loro vite sarebbero tornate alla normalità. In Italia chi può sta a casa, chi non può va a lavoro, nei limiti della protezione, perché ha paura di perdere quel lavoro, di perdere i privilegi acquisiti, abbiamo paura che la nostra vita peggiori più di quanto già non fosse prima e che lo stato alla fine ci chiederà il conto. Abbiamo più paura del posto in cui viviamo, della politica, dell’Italia stessa che del Coronavirus.
E mentre in Cina tornano a godersi gli spazi comuni, noi non riusciamo nemmeno a goderci casa nostra per soli 15 giorni.