Nascosto tra le colline del Valdarno e del Chianti, il suggestivo castello di Sammezzano, vincitore anche quest’anno del censimento “I Luoghi del cuore” organizzato dal Fai, è stato venduto ad una società araba con sede a Dubai, la Helitrope Limited, per circa 15 milioni di euro. Dopo anni d’immobilismo, aste fallite e rinviate, la vendita è stata quasi una liberazione. Infatti, dopo la seconda Guerra Mondiale, il castello era stato trasformato in un hotel e nel 1999, era stato comprato da una società inglese, la quale però non è mai riuscita a dare vita al grande progetto di rilancio che era stato previsto, ma ha avuto il merito di aver eseguito fino ad oggi un po’ di manutenzione e dunque di non aver permesso che morisse per sempre.

Questa grande dimora ottocentesca d’ispirazione moresca, con tutti i suoi colori, i mosaici in ceramica, i numerosi archi intrecciati e le suggestive cupole, ricco di armonie geometriche, è stata progettata dal marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, il quale tra il 1843 ed il 1890 stravolse l’aspetto seicentesco del castello e modificò la struttura preesistente sulla scia dell’Orientalismo, corrente che in quegli anni si stava diffondendo in Europa, rendendo il castello il più importante esempio di architettura orientalista in Italia.
Ferdinando dedicò la sua vita a questo progetto e vi trascorse più di 40 anni, finanziando e sovrintendendo egli stesso alla messa in opera. Ideò e disegnò personalmente i racemi e i disegni che tutt’oggi sono visibili nelle varie stanze e diede vita ad uno dei più grandi cantieri privati della Toscana dell’800. Infatti, tutte le piastrelle, gli stucchi, i mattoni e i vetri, sono stati realizzati in loco utilizzando manodopera locale: fu costruita nel parco una fornace per il materiale edile, cosicché, aggirando il mercato, fosse più semplice e rapido per il marchese il controllo sulla realizzazione delle parti decorative e artistiche che lui stesso ideava e disegnava.
Le stanze del castello sono 365, una per ogni giorno dell’anno, ognuna decorata in modo unico ed esclusivo. Sono caratterizzate da diversi stili architettonici che si fondono tra loro, raccontano storie, e camminando nei corridoi, che sembrano labirinti, si possono leggere varie scritte, per lo più citazioni, incise o dipinte sulle pareti, che rappresentano le idee del marchese, filosofiche e politiche, oppure l’autocompiacimento per la realizzazione della sua opera (come ad esempio, la ripetuta “Non plus ultra”).
Il marchese, esperto di piante e appassionato di botanica, si dedicò anche alla riorganizzazione del parco che circonda il castello, collocandovi numerose piante rare ed esotiche, tra le quali spiccano le maestose sequoie: il primo albero fu acquistato nel 1864 e fu pagato 224 lire, un patrimonio per il tempo.
Speriamo in un meraviglioso futuro per questo immenso patrimonio, il quale ci auguriamo possa essere salvaguardato, con interventi necessari a combatterne il degrado, e che possa finalmente esserne messa in salvo la sconfinata bellezza.