Cultura

Manifesto del Cenacolo Laskeriano

giocare a scacchi
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Noi giochiamo a scacchi. Niente di più e niente di meno. Giocare a scacchi, tuttavia, non ci impedisce di essere persone complesse, con interessi vari e diversi come il vissuto di ciascuno, perché non è obbligatorio essere dei monomaniaci chiusi nel proprio microcosmo.

Giocare a scacchi, inoltre, non ci obbliga a dimostrare a nessuno una presunta utilità sociale e culturale di ciò che facciamo: giocheremmo a scacchi comunque, anche se fossimo sicuri di fare qualcosa di assolutamente inutile, forse perché in questo mondo utilitaristico fare qualcosa di inutile è la più grande affermazione di libertà, alla faccia di chi vorrebbe standardizzare ed omologare i comportamenti di tutti noi.

Giocare a scacchi

Siamo dunque persone normali, di quella normalità che ormai fa più snob di un calciatore senza tatuaggi. Siamo dunque qualcosa di più di un circolo o, come si dice oggi, di una ASD: siamo un cenacolo, un gruppo di spiriti liberi che giocano a scacchi, ma prima di tutto un clan che potrebbe ritrovarsi per qualsiasi motivo, scacchi, cibo, alcool o corsa dei tappini della birra Peroni.

Ma a noi piace giocare a scacchi e dunque vogliamo farlo con chi condivide le nostre idee ed i nostri riferimenti, che vanno da Melville a Quentin Tarantino, passando per il Sassaroli, The Idles, Mark Knopfer, Jan Anderson, i Clash, Johnny Rotten, James Ellroy, Richard Kuklinsky, Eric Cantona ed ovviamente lui, il Maestro, Sua Genialità Emmanuele Lasker.

Di Lasker prendiamo tutto: la filosofia della lotta, la capacità di leggere l’avversario, lo sfuggire dal canone angusto del giocatore di scacchi incapace di vedere altro che varianti teoriche, ma piuttosto l’apertura verso orizzonti più ampi, in cui la ratio di un gioco diviene occasione di riflessione sui comportamenti umani nei vari aspetti della vita associata.

Dal gioco alla teoria dei giochi, applicata per esempio all’economia: non abbiamo bisogno di Nash, proprio perché abbiamo già Lasker.

Giocare a scacchi

E poi la grandezza vera: quella di un uomo senza padroni, capace di lottare fino alla fine dei suoi giorni per le proprie convinzioni di filosofo e di scienziato, cui non fa giustizia la sepoltura anonima in un piccolo cimitero di New York, perché Emmanuel Lasker dovrebbe essere eletto ad esempio di ciò che l’uomo può fare dei suoi talenti e della sua intelligenza. Ecco perché la nostra scacchiera va oltre le 64 caselle, perché abbraccia il pensiero, la vita e le ragioni per viverla come i balenieri del Pequot.

Sappiamo bene che altrove si coltivano altre idee, altre metodologie ed altre concezioni: le rispettiamo finché e per quanto sono rispettate le nostre, dal momento che siamo non violenti ma non per questo pacifisti. Per il resto, non garantiamo che la condizione di reciprocità, posto che siamo critici verso l’ambiente scacchistico in quanto rivendichiamo il diritto di chiamare le incongruenze, le ipocrisie ed i limiti culturali con il loro nome e non con gli eufemismi del politicamente corretto.

Giocare a scacchi

Crediamo che l’ambiente scacchistico vada cambiato, ma non macchinando per fare le scarpe agli altri circoli, come invece troppo spesso usa. Crediamo invece che vada cambiata la mentalità e siamo convinti che per questo non servano i discorsi ma gli eventi, ovvero le situazioni utili a far riflettere le persone ed a renderle consapevoli.

Non vogliamo diventare il primo circolo cittadino, né tanto meno ambire ad essere il circolo unico: semplicemente, vogliamo portare nuove idee ed energia creativa e saremo contenti se qualcuno vorrà farle proprie.

Ad ogni buon conto, ben vengano le provocazioni e in genere tutto ciò che, come insegna la teoria situazionista prima e dopo Malcom Mc Laren, può scuotere in positivo un contesto che ha bisogno di una profonda rivoluzione culturale, ma anche di schiettezza e coerenza: per questo, proviamo schifo per chi pontifica sui valori e l’etica degli scacchi e poi permette o tollera tornei fasulli e mercimonio di punti elo, per chi dovrebbe controllare e si gira dalla parte opposta per non vedere, per chi gioca al contrabbando degli allievi e dei tesserati come se si trovasse al mercato delle vacche.

Chi sta con noi condivide le nostre idee ed è pronto a discuterle ma soprattutto a metterle in pratica. Se non è così, meglio che stia altrove.

Stefano Del Giudice

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