Cultura

Il Coraggio in base alla mia esperienza personale

coraggio
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Scritto da Irene Pagnini

Che cosa significa “Coraggio”? Chi meglio può dirlo se non chi l’ha direttamente provato per esperienza personale! Ecco qui di seguito la mia intervista ad Alessandro Mostardi che ce lo racconta tutto d’un fiato!

A presto, Giulia 

“Le ombre si allungano sull’asfalto ardente e secco, con il sole calante e l’imbrunire di una calda serata estiva. La brezza marina, più fresca, proviene da ovest allietando il senso di disagio provocato da una costante sudorazione. Rifletto sulla mia vita, su un passato vissuto sempre al limite fra il giusto e il ciò che non si deve fare. Riemergono gli errori, le delusioni, la gioia che dura sempre troppo poco rispetto alla tristezza. Sono un’anima in pena, sempre in bilico fra l’insoddisfazione personale e quelle piccole poche cose che mi tengono vivo. Sono passati tanti anni e ho in mente, costante come l’istinto di sopravvivenza, la consapevolezza che qualcosa deve cambiare. No, non è un trascorso buttato al vento, ma sento che nella mia vita deve accadere qualcosa in più, perché a me non basta il mio bagaglio di esperienze, non mi è sufficiente. E allora rifletto su quante persone, alla fine, soffrono di questo mio stesso stato d’animo. Ma la vita è così, con tu che esci dall’età adolescenziale e inizi a partecipare al Risiko della tua esistenza e a dare un ruolo alla tua permanenza fra gli umani. Ti accompagni, ti sposi e inizi il tuo percorso lavorativo per contestualizzarti nel sistema. E allora perché? Perché mi sento così?

coraggio

Sono fra i tanti, fra i tutti, una persona comune di quarantasei anni e con una vita andata com’è andata. La fine della scuola, il servizio militare, il lavoro, gli amori e anche una bella nota positiva in tutto questo: mia figlia. Si, io sono uno dei tanti, ma ancora non mi basta e ho solo il tempo che la vita mi concede per compiere la mia missione, oltretutto sconosciuta, in questo mondo d’incertezze. Guardo oltre la strada, mi sciugo il sudore, e rispondo a un messaggio sul mio telefonino. Scrivo il messaggio velocemente, mentre la mia mente cerca di dare un volto a quel senso di disagio che dà molto tempo mi porto dentro. La famosa voglia di cambiare ed evadere, quella voglia di fuggire che in mille occasioni diciamo o sentiamo dire a qualche amico che parla sognando. Da sempre sono rimasto con i piedi per terra, con la valutazione dei rischi e delle rinunce che dovrei accettare per cambiare, perché ogni cambiamento dà e ogni cambiamento toglie sempre qualcosa.

Ci vorrebbe coraggio.

Ci vorrebbe quel coraggio che nessuno poi alla fine ha, perché questa finta razionalità è semplicemente la paura di uscire dalla campana di vetro. Probabilmente, la mia, è una campana di vetro infranto e che fa acqua, ma è pur sempre la mia campana di vetro, per quanto cedevole sia. Ancora un messaggio sul mio telefonino, ancora una risposta, e ancora la mente vola. Mi sento chiamare da dietro, è Stefano, quindi lo saluto e gli chiedo come va. La sua risposta sembra fecondata dei miei pensieri, del mio senso di disagio, di frustrazione: “Come vuoi che vada? La vita è una lotta! Ma allora… dobbiamo prenderla così”. No, non può essere, devo fare qualcosa. Le mie origini sono le stesse del paese in cui vivo, in Toscana, in un piccolo borgo sulle colline pisane che si estendono verso il senese.

coraggio

Ho voglia di cambiare, devo cambiare, devo trovare il coraggio di affrontare me stesso e tutti coloro che mi stanno intorno. Devo uscire da quel contesto schematico che l’etica e la società hanno costruito per ognuno di noi, per la nostra coesistenza e l’ideologia di sistemazione per essere in linea con gli altri. Prendo nuovamente il mio telefonino, ma stavolta non per un messaggio, ma per digitare su google “offerte di lavoro a Roma”. Cristo, l’ho fatto veramente: ho cliccato “trova” e un mondo di siti si sono elencati sul display. Scorro e affino la ricerca con parole chiavi più attinenti alla mia professione, al mio percorso lavorativo e in base alle mie conoscenze. Sento un tremito dentro di me, perché in quel momento inizio a sognare e a dire a me stesso “T’immagini? Come sarebbe veramente partire e cambiare aria?”. Non è la prima volta che faccio questa ricerca su google, ma mi rendo conto che questa potrebbe essere diversa, una vera e propria spinta d’incoraggiamento. Passano i giorni, il lavoro da autonomo inizia a mostrarmi l’irreversibilità del suo collasso, procurandomi quotidianamente mille pensieri per le mie responsabilità di uomo e di padre. Le mie ricerche su google aumentano, così la voglia di dare una svolta a tutto questo, che inizia a darmi ansia e senso di soffocamento.

Ci vuole coraggio, molto coraggio, perché una scelta così implica il rischio di perdere ciò che conosco così com’è e di come lo ho costruito, bene o male, negli anni.

Ma tutto ha un prezzo, tutto sta è capire se vale la pena correre il rischio e pagarlo.

Serve coraggio, molto coraggio, oltre alla voglia di affrontare l’ignoto. Le domande che ti poni in certi momenti, proprio mentre cerchi il coraggio di fare una scelta così importante, non avranno mai una risposta finché non ci proverai. No, non sono le cose che ti passano per la mente la vera risposta, tanto meno i dubbi che vengono sollevati dagli altri, anche da chi ti vuole bene e ritiene che sia sbagliato uscire dallo status quo, poiché andrai incontro a mille difficoltà. Ma guardiamoci bene negli occhi e diciamocelo: ma dove non esistono le difficoltà? Si, a quel punto inizio a inviare curriculum e a ricevere telefonate conoscitive. E allora insisto, mentre le telefonate dai reclutatori aumentano, fino a quando non arriva il famoso colloquio. Sento scuotermi dalla testa ai piedi e salire l’eccitazione per un qualcosa che non avrei mai pensato possibile. Il mio treno parte alla volta di Roma, la città dei miei sogni e dove tutto è possibile. Affronto il primo colloquio e do il via a una serie di viaggi verso la capitale, che ogni volta mi appare sempre più bella e familiare. Ma ancora non sono li, ancora sono solo viaggi, e il mio posto è ancora qui; almeno fisicamente. E’ passato circa un mese dal mio primo viaggio nella Città Eterna e, inaspettatamente, come un biglietto vincente della lotteria, mi trovo a fare il viaggio di sola andata.

Guardo la mia vecchia vita come si guarda un molo di un porto quando la nave si allontana verso il mare aperto, in piena notte, dove davanti all’imbarcazione c’è solo il nulla. Ma la nave va avanti e prima o poi attraccherà, e allora sarà un molo nuovo, un nuovo porto, una nuova terra che farò mia. A oggi, a un anno e mezzo che la mia nave ha lasciato quel porto, e che ha lasciato a terra tutto ciò che fino ieri era la mia quotidianità, il mio vivere, il mio coesistere ed essere contestualizzato nello schema che per molti è quello giusto, ho capito quanto gli schemi, con l’essere prevenuti, siano la prima causa di infelicità e di abbattimento del coraggio. Si, la mia nave ha fatto la traversata con un mare molto agitato, che più di una volta mi ha portato al punto di dubitare delle mie scelte, ma oggi, con il senno di poi, posso finalmente dire: ho trovato il coraggio e, nel mio piccolo, ho vinto anche questa battaglia!”

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