Creazione di un impatto positivo sul mondo e sulle persone tramite una rete di interazione come pezzi mancanti di un puzzle da costruire. La necessità di condividere un bene primario come l’acqua per noi quasi scontato avere. Tutto quanto nel rispetto dell’ambiente e delle realtà che lo abitano. Tutto questo (e molto di più) è “WAMI: water with a mission” che si è raccontata per noi.
Come nasce il progetto WAMI: water with a mission?Da cosa viene l’interesse specifico per la sensibilizzazione sul problema della distribuzione dell’acqua?
WAMI nasce dall’idea di Giacomo Stefanini, il fondatore del progetto. Mentre si trovava negli Stati Uniti a studiare modi innovativi con cui le aziende possono risolvere problemi sociali è venuto in contatto con TOMS, un’azienda produttrice di scarpe che ha inventato il modello buy one, give one (per ogni prodotto che acquisti ne doni uno) da un’idea del fondatore che durante un viaggio in Argentina venne colpito dalla grande quantità di bambini senza scarpe. L’applicazione all’acqua è stato un tentativo di migliorare ulteriormente il modello dedicandosi a una risorsa che è un diritto e un bene comune. Tre anni dopo, nel 2016, grazie al coraggio di alcuni amici nasce WAMI con la specifica missione di donare acqua potabile a chi ne ha bisogno.
Seppur ci sembri una cosa scontata, perché la usiamo tutti i giorni, l’acqua non è ancora un bene garantito in tutte le parti del mondo in egual misura. Ci dovrebbe far riflettere il fatto che fra gli obiettivi del Millennio che le Nazioni Unite si sono prefissati c’è quello di garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua.
Osservando il vostro logo l’occhio si ferma sulla figura dei cerchi concentrici. Perché avete scelto come simbolo questo disegno?
I quattro cerchi concentrici rappresentano uno dei pittogrammi più antichi comparsi sulla Terra. La sua forma ricorda il gesto di lanciare un sasso su una superficie d’acqua che immediatamente produce una scia di cerchi concentrici. Quest’immagine ci ricorda come una nostra piccola azione quotidiana possa espandersi fino ad avere un impatto incredibile. Una metafora su quello che cerchiamo di fare ogni giorno portando avanti il progetto WAMI.
Spesso quando si pensa all’acqua è inevitabile non associare il problema dell’inquinamento della plastica. Quali soluzioni state cercando di applicare per arginare almeno in parte una questione così attuale e pericolosa? Da dove viene l’acqua Wami e quali sono le sue proprietà?
L’acqua WAMI sgorga dalle Alpi Marittime da una sorgente oligominerale del gruppo San Bernardo, in provincia di Cuneo a 1300 metri d’altezza. Si tratta di un’acqua minimamente mineralizzata, molto leggera e con un basso residuo fisso.
WAMI dà la possibilità a chi oggi consuma acqua in bottiglia di fare una scelta più etica e responsabile tenendo conto della sostenibilità del prodotto. Utilizziamo esclusivamente bottiglia in vetro a rendere (ogni contenitore una volta svuotato dev’essere reso al fornitore, così che possa essere riutilizzato. Si arriva fino a 20 riutilizzi per le bottiglie in PET, 40 per quelle in vetro) e bottiglie in plastica 100% riciclabili e composte per il 50% di plastica riciclata r-PET, il massimo consentito in Italia. Accanto a questi prodotti trovano spazio anche le nostre Bottles: le borracce per chi preferisce l’acqua del rubinetto (la soluzione per noi più sostenibile). Sono realizzate in acciaio inox (per questo riutilizzabili all’infinito), disegnate in Italia e personalizzabili.
Un bella novità per il mercato italiano in arrivo fra le nostre proposte sarà l’acqua minerale in lattina d’alluminio.Ci siamo innamorati di questo materiale perché è quello più riciclato. Le lattine che vedi in giro non vengono da nuove estrazioni ma sono vecchie lattine che hanno una seconda (terza, quarta, quinta, ennesima…) vita.
Per compensare poi le nostre emissioni di CO2 abbiamo realizzato il progetto WAMIzzonia: una foresta urbana che periodicamente arricchiamo piantando nuovi alberi.
Ogni nostro prodotto dona acqua potabile ai nostri progetti di realizzazione di reti idriche, e su ogni bottiglia o borraccia potete trovare un codice che se inserito sul sito permette di conoscere la famiglia a cui è stata donata acqua con l’acquisto di quel singolo oggetto.
Sicuramente il primo mercato per WAMI sono i locali e le aziende che realizzano con noi progetti di CSR grazie alle Bottles; ma siamo anche presenti in COOP, Cortilia, Carrefour e altre piattaforme di spesa online direttamente acquistabili dagli utenti privati.
Un approccio semplice a un problema delicato. Come una bottiglia d’acqua può aiutare un villaggio?Quali paesi avete raggiunto con la vostra iniziativa?
Ogni bottiglia dona 100 litri d’acqua ai nostri progetti. Prima li realizziamo, poi li rifinanziamo con la vendita dell’acqua. Quindi il legame tra progetto e bottiglia è proprio il codice che trovi sull’etichetta: se lo inserisci capisci quale progetto e quale famiglia hai aiutato.
Abbiamo lavorato in Senegal, Etiopia, Tanzania, Kenya, Sri Lanka e ora anche Ecuador trovando sempre una popolazione attiva, orgogliosa, determinata e artefice del proprio destino.
Spesso non ci accorgiamo di quanto siamo fortunati ad avere tante piccole comodità come l’acqua pulita che esce da uno o più rubinetti della nostra casa. Chi non ha questo “lusso” è costretto a fare km a piedi per arrivare a una sorgente e prendere pochi litri necessari giusto per il fabbisogno giornaliero. Quali sono i benefici dopo la realizzazione di una rete idrica in un villaggio?Quali sono le distanze reali tra villaggi e qual’è la percentuale di villaggi in Africa che non hanno ancora una rete idrica propria?
Il beneficio principale è il risparmio di tempo: prima bisognava passare ore a portarsi acqua a casa, ora il rubinetto è in casa. Questo lascia tempo alle donne per lavorare o curare i figli. Permette ai bambini di andare a scuola con serenità.
Per il resto la situazione in Africa è ovviamente incredibilmente molteplice e varia: ci sono megalopoli da 20 milioni di abitanti, piccole città delle dimensioni di un capoluogo di provincia, villaggi sperduti.
Ti posso dire che delle 700 milioni di persone che a oggi non hanno accesso all’acqua circa l’80% vivono in piccole comunità isolate. Facilitare l’accesso all’acqua potabile permette di accorciare le distanze con un impatto positivo sia sullo sviluppo economico che culturale della comunità raggiunta.
Come vi hanno accolto le prime volte i villaggi che stavate aiutando? Come è cambiato il vostro approccio a loro col passare degli anni e con l’aumentare dell’esperienza nel settore?
Collaboriamo con realtà che hanno un’esperienza molto maggiore della nostra: è con loro che realizziamo i progetti perché hanno esperienza, visione pluriennale, conoscenza della realtà territoriale. Abbiamo sempre avuto feedback molto positivi dalle persone beneficiarie: è così di forte impatto dell’esperienza di avere un rubinetto a casa rispetto al non averlo che abbiamo visto solo gioia e positività.
Chi sono i vostri partner nel progetto? Quali figure professionali vengono coinvolte nella realizzazione di un progetto? Penso che l’incontro con una cultura diversa dalla nostra sia un’esperienza indimenticabile che un pò cambia il modo di percepire la realtà. Qual’è l’incontro, l’episodio che vi portate nel cuore?
I partner sono ONG esperte come Fondazione Acra, Oxfam. Le figure professionali sono molte, perché si tratta di un progetto molto complesso da realizzare. Ci affidiamo a un responsabile locale di progetto che lavora per la ONG il quale collabora con una struttura operativa a livello di Paese. Poi ci sono tutti i lavoratori che costruiscono la rete idrica, assunti localmente .
Questa è una parte molto importante perché così facendo gli abitanti vengono responsabilizzati rispetto al progetto e si sentono parte integrante di esso. Accanto all’aspetto pratico della costruzione trova posto anche quello della formazione rispetto all’accoglienza di un prodotto salutare e diverso da quello usato in precedenza ( spesso acqua con presenza di micro-inquinanti: la parte più pericolosa e difficile da individuare) che costruiscono la rete idrica, assunti localmente .
Personalmente credo ricorderò ogni momento della mia visita a Iringa, in Tanzania, dove abbiamo realizzato uno dei nostri progetti; ho incontrato tantissime persone con una storia incredibile, tra cui Atu, un’agricoltrice orgogliosa e indipendente che ha fatto “fiorire le rocce” con il suo lavoro e ora vive della verdura e della frutta che riesce a coltivare nel suo appezzamento. Mi è piaciuta così tanto che è stata una delle storie che abbiamo raccontato nella nostra rubrica Think like a WAMIER:
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Vogliamo lanciare una linea di infusi freddi in lattina con ingredienti provenienti dai Paesi dove realizziamo progetti idrici. E vorremmo percorrere con convinzione la strada delle Bottles come grande driver di sostenibilità sia per i privati che per le aziende. In tutto questo, nuovi progetti da realizzare, nuovi continenti da visitare… Insomma c’è sempre molto da fare!
L’acqua per sua forma pre-esistente non ha limiti e come tale è disposta alla cooperazione e all’unione con altre sostanze per la creazione di nuove realtà.
E’ caratterizzata da un flusso impetuoso se guidata dal vento e da una pacifica staticità nei giorni di bonaccia. Quando scorre sul letto che si è creata, se incontra una roccia, l’impatto per ovvie ragioni fisiche è inevitabile ma ne segue un premuroso e avvolgente abbraccio che porterà il tutto alla quiete.
Nell’acqua non trova dimora il pregiudizio e l’incontro con altre sostanze liquide genera solidali unioni che non sminuiscono le reciproche caratteristiche che sono esaltate nel loro connubio. L’osservazione della natura nel suo semplice scorrere potrebbe darci un grande esempio di fluidità di esperienze dove la leggerezza può rendere tutto più facile. Non esistono barriere se non quelle che alziamo con le nostre mani. Non esistono muri da abbattere ma porte da aprire.
E dall’altra parte i loro sorrisi.
Per saperne di più :
puoi trovare WAMI water anche presso”Le Gusciane”.
Se ti sei perso la mia rubrica
https://uaumagazine.com/realizzare-i-propri-sogni-antologia-di-sognatori
A presto, Sara