Cultura

Umit Turgay Durgun: lo scultore dell’immortalità

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Scritto da Sara Pellegrini

Umit Turgay Durgun è un artista di origine turca con sede a Carrara contraddistinto da una creatività esplosiva che si manifesta in opere monumentali realizzate in molteplici materiali. Davanti alle sue sculture si respira l’immortalità di epoche antiche. Ci troviamo a dialogare con divinità moderne che fanno viaggiare la nostra anima nel tempo. Conoscere Umit è stato come entrare in una dimensione parallela in cui realtà e immaginario si fondono senza percepirne i confini.

Perché scegliere di diventare uno scultore?

Non è stata una scelta consapevole ma una tappa a cui sono approdato dopo un lungo cammino. Da bambino mi piaceva disegnare e alle scuole medie ho iniziato a fare graffiti per le strade di Istanbul. Dapprima scrivevo il mio nome poi ho capito che disegnare solo lettere non mi bastava e allora ho iniziato ad unire alle scritte anche dei dipinti arrivando a realizzare dei murales di grandi dimensioni fatti per essere visti e ricordati. Nelle mie opere già si avvertiva un crescente concetto di immortalità. Nel murales dovevo gestire l’equilibrio tra il colore, lo spazio vuoto, la dimensione, la prospettiva che andavano a formare un’opera da cui trapelava sempre un messaggio. Nulla era mai concepito come un qualcosa di puramente estetico. Da questo periodo della mia vita viene la necessità di realizzare opere di grandi dimensioni che possano essere visibili.

Quello che mi attrae nel creare una scultura monumentale è che il pubblico è portato ad alzare la testa verso l’alto per guardare l’opera nel suo complesso e deve girarci intorno per capirla e conoscerla in tutti i suoi punti. Sono un artista multidisciplinare che sperimenta l’uso di materiali e tecniche sempre diverse. Ogni materiale che uso non è casuale ma è scelto per evocare un concetto che dia un senso di immortalità. Senza questo non sarebbe arte contemporanea.

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“Bastet” BASTET STAINLESS STEEL & CORTEN STEEL SHEETS 540 x 450 x 250 cm Serravezza Italy 2018

Le tue opere ci parlano di atmosfere che rievocano antiche civiltà e la varietà di tecniche e materiali usati ci suggeriscono grande abilità e studio dell’arte. Quali sono gli artisti da cui trai ispirazione?

Michelangelo e Leonardo Da Vinci sono due artisti molto importanti per me. Non si sono mai posti limiti né nel cosa fare o né nel chi essere. Leonardo era una fucina inesauribile di idee. Era ingegnere, scenografo, pittore, scultore e anche se ha lasciato molte opere non finite il suo genio è ancora di grande ispirazione anche per gli artisti di oggi e di domani perchè lui non si poneva barriere ma cercava continuamente soluzioni.

Nelle mie opere è visibile un grande riferimento all’arte antica della mia terra d’origine e dei luoghi limitrofi. La Mesopotamia e di conseguenza anche l’Egitto mi hanno sempre ispirato per i materiali e le tecniche utilizzate. Il cordone ombelicale con queste terre non si è mai staccato ed è percepibile in tutte le mie opere. Le antiche civiltà mi hanno sempre colpito più dell’arte moderna. Ho rivolto grande attenzione anche alla mitologia non per motivi religiosi ma per capire e trasmettere le filosofie che toccavano le mie corde e sono rimasto affascinato dall’arte preistorica, dai ritrovamenti fossili e dalle teorie sull’evoluzione e della selezione naturale.

“Self Control” BIRCH WOOD & STAINLESS STEEL MECHANICAL INTERACTIVE SCULPTURE
600 x 280 x 200 cm Italy 2020

Qual’è stato il tuo percorso per arrivare a Carrara?

Non volevo circoscrivere la mia vita solo alla Turchia, avevo ben chiaro dove volevo arrivare. Volevo che la mia arte fosse visibile in tutto il mondo. Ho cominciato a studiare arte al liceo per poi proseguire i miei studi alla Marmara University Facoltà di Belle Arti a Istanbul. Nel 2009 sono venuto in italia per un simposio di scultura con neve a San Martino di Castrozza (Trentino Alto Adige) . Questa era la prima volta che venivo in italia e alla fine dei dieci giorni passati fra Venezia e Trentino Alto Adige ho capito che avevo bisogno di tornare per conoscere meglio questo paese che ormai mi era entrato prepotentemente nel cuore. In Turchia mi ero messo alla prova sperimentando molti tipi di tecniche e facendo esperienza in vari settori ma avevo bisogno di conoscere nuove culture e interfacciarmi con altre atmosfere per fare crescere ed evolvere la mia arte a nuovi livelli a me sconosciuti.

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Hai trovato delle analogie tra italia e Turchia?

La gente è molto simile. Ho trovato persone molto flessibili, disponibili Abbiamo la stessa cultura mediterranea. Persone più aperte. Non esiste impossibilità nel fare le cose, viviamo di sogni. In Italia, in particolare modo a Carrara e in Versilia puoi avere l’opportunità di incontrare persone interessanti e interessate all’arte con cui parlare anche solo andando in un bar a prendere un caffè. Qua tutto mi parla di arte. Instanbul è una città enorme dove tu puoi incontrare qualsiasi tipo di persona in ogni momento della giornata. E’ molto affascinante ma anche dispersiva.

Ho scelto Carrara perchè trovo che sia un posto tranquillo dove vivere. I ritmi non sono frenetici. Qui ho la possibilità di lavorare nel mio laboratorio circondato dalle Alpi Apuane e lontano dal mare solo pochi chilometri. Cosa voglio di più?

Benché il messaggio che accomuna le tue opere possa essere univoco i soggetti rappresentati sono molto variegati anche se si assomigliano spesso per forma. C’è stato un soggetto che ha attirato la tua attenzione per più tempo?

Quando ho iniziato a dipingere murales ho avuto un periodo in cui ero molto attratto nell’osservare la fisionomia degli elefanti e ho rappresentato più volte il mito di Ganesha: la dea indiana con la testa di elefante e un corno spezzato che, in una delle tante versione si dice lo abbia rotto intenzionalmente per continuare a scrivere delle regole sotto dettatura e rimanere fedeli alla parola data. Mi aveva colpito che per realizzare qualcosa di buono si era arrecata del dolore. Questo concetto mi aveva cosi impressionato da essere protagonista di due performance interattive in cui ho voluto provocare una reazione da parte del pubblico. Nella prima a murales praticamente finito (realizzato su pannello in esterna) ho iniziato a tagliare e distruggere la parte che raffigurava il corno amputato con la gente d’intorno che era rimasta scandalizzata dal mio atto di rovinare qualcosa che per loro era perfetto ma che per me era incompleto.

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“Ganesh”

Nel febbraio 2014 ho fatto un’altra performance simile per l anniversario del Elgiz Museum Of Contemporary Art di Istanbul. Il giorno prima dell’inaugurazione ho realizzato questo murales che all apparenza era finito per loro. Ho trovato una vernice bianca e ho giocato con la sua densità mettendo acqua. Ho iniziato a stenderla su quello che avevo dipinto il giorno prima. Sembrava che stessi cancellando tutto con il bianco. Ho provocato uno shock nel pubblico perchè pensava lo stessi rovinando. Quando la pittura bianca ha iniziato ad asciugare quello che avevo fatto è iniziato a uscire fuori. Quest’opera si chiamava “Trace”.

Quello che lasciamo sulla nostra strada, sia nel bene che nel male, parla di immortalità perchè è un segno del nostro passaggio. Quello che rappresento sono come miei “fantasmi”. Sono le mie tracce nel mondo.

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“Trace” Elgiz Museum Of Contemporary Art di Istanbul

Da dove arriva il bisogno di parlare d’immortalità?

Le forme che rappresento richiamano la figura di un corpo avvolto nelle bende nel momento in cui viene celebrato il suo funerale. In Turchia (come in altri paesi) il defunto non viene chiuso dentro una bara ma sepolto in terra avvolto da delle bende per far si che il suo corpo ritorni a essere terra e la sua anima possa essere libera. In questo senso immortalità. Questo bisogno di rappresentare questo concetto è nato nel 2007 quando ho perso mio nonno, una figura per me molto importante. Lui era un meccanico a bordo delle navi della Marina Militare. Quando è andato in pensione ha preso una barca di legno di una decina di metri e ha iniziato a fare il traghettatore nel Golfo del Bosforo a Instanbul. Da bambino passavo il mio tempo sempre con lui. Mi alzavo presto la mattina mi rendevo utile come potevo pur essendo solo un bambino. Ogni estate attraccavamo la barca e ci occupavamo della sua manutenzione ritoccando la vernice, riparando i buchi con lo stucco, ripulendola. Questo lo facevamo sia con la nostra che con le barche degli amici di mio nonno. In quel periodo frequentavo la scuola media e iniziavo a fare i primi graffiti. Lui aveva capito che mi piaceva disegnare e mi lasciava fare le scritte sulle barche. Aveva capito che avevo una grande manualità e con lui ho iniziato a sviluppare la mia creatività e abilità nel “fare e disfare” che negli anni si tramuterà in scultura. Mi ha insegnato che bisogna essere innamorato del proprio lavoro e farlo con passione. Nel 2007 quando l’ho perso è stato un grande colpo per me . È stato un anno molto triste. Lui era una forza per me.
Nel 2007 ho realizzato una scultura in suo onore dal nome “Deep Sleep”: due piccole assi di legno ricordavano una barca su cui è appoggiato un corpo di un uomo che riposa con le braccia incrociate. Le sue gambe sono rialzate rispetto al corpo come a tendere verso il cielo e farlo essere immortale. Le opere successive seguiranno sempre questo filone. La forma delle gambe è diventata col tempo più dinamica. Quella figura non rappresentava un corpo morto bensì un’idea sempre viva e pulsante. Immortale. L’immortalità.

“Deep Sleep” marble  80 x 70 x 310 cm,  Afyone Internatioanl Sculpture Symposium, Turkey  2008

Forme regolari e fluide. Contorni netti e levigati. La precisione come tratto distintivo del tuo carattere. Da cosa viene questa tua caratteristica?

Quando ero piccolo trascorrevo molto tempo con i miei nonni ed è stato un periodo prezioso per me perchè ho avuto modo di sviluppare la mia manualità. Mia nonna faceva la sarta. Riceveva a casa le sue clienti e con loro sceglieva i modelli da realizzare su misura. Aveva una grande collezione di riviste da sfogliare. Una volta scelto l’abito da realizzare mi passava i cartamodelli da ricalcare. Ci voleva molta attenzione e precisione ma anche velocità. Nella dimensione di un gioco ho plasmato la mia mente ad essere elastica e attenta ai dettagli. Mia nonna è una persona molto dolce e paziente, la sua calma e creatività è per me anche oggi di grande ispirazione. Mi ha insegnato la costanza nel perseguire i mie obiettivi e di questo gli e ne sarò per sempre grato.

In Bastet, Range e altre tue opere troviamo sempre un particolare che rimanda alla forma di un occhio. Perchè?

Questo deriva sempre dal corpo del defunto che è avvolto dalle bende. Non troviamo un dettaglio aperto per gli occhi perchè tutto è coperto nello stesso modo. L’occhio è importante per tracciare una direzione di sguardo verso il pubblico. Come se l’opera guardasse chi lo sta osservando e viceversa. Come se si stesse creando una connessione.

Parte importante della tua formazione nel passato è stata di sicuro la tua famiglia. Se parliamo di presente chi può essere considerato parte integrante della tua arte?

In Italia ho costruito negli anni la mia piccola grande famiglia fatta di affetto, fiducia e stima. Samar Abostate, mia moglie, che con la sua energia sostiene la mia vita. Nicholas Bertoaux e Cynhtia Sah che mi hanno accolto come un figlio guidando i miei passi come due maestri di vita. I ragazzi del mio laboratorio: Ege Kolcu, Furkan Depeli, Elif Dilan Aksu, Can Baltaci. Giovani artisti dall’animo profondo e innovativo, continua risorsa di ispirazione e orgoglio, per me come fratelli. Filippo Rolla, uomo di grande cultura e animo. Riesce a tradurre il mio pensiero come fossimo una persona sola. Grande esempio di empatia artistica e non solo. Intorno a questo piccolo mondo gravitano tante persone che costruiscono il mio quotidiano dandomi continua ispirazione di vita.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Il mio percorso non si limiterà all’Italia anche se qua ho trovato una seconda casa. Vorrei trasferirmi negli Stati Uniti dove ho già iniziato a esporre delle mie opere (Bastet è ora in viaggio direzione Florida-Orlando) ma prima ho dei progetti molto interessanti per l’anno che sta iniziando fra cui una mostra personale a Carrara e alcune opere monumentali che sto già iniziando a realizzare col valido e prezioso aiuto del team del mio laboratorio. Il 2022 sarà anche l’anno in cui grazie a un team di professionisti del settore che mi stanno seguendo in tutte le fasi, avrò l’opportunità di girare il documentario sulle mia arte e sulla mia vita. Sarà un progetto importante per me perchè voglio che le persone che lo guarderanno possano capire che non esistono limiti alla mente umana e tutto è possibile se ci impegnano con tutte le nostre forze a realizzarlo. E’un documentario rivolto ai giovani che guardano al futuro con timore per fargli capire che l’unica strada per il successo è rappresentata dalla speranza e dal lavoro alimentato dal fuoco della passione per la propria arte (quale che sia).

Quale definizione diamo a “essere artista” e a “essere uomo”? La prima è una persona che con le sue mani crea la sua realtà. La seconda è quella creatura che con il mondo plasma se stesso. Ognuno di noi è fatto di attimi, di esperienze, di parole che gli rimangono addosso e non si staccano più. Siamo entità fluide come il mare che quando è vicino calma le nostre molecole. Siamo fatti di emozioni in cui navighiamo. E i più audaci che non hanno paura del vento sono fatti di speranza. Umit è speranza. E’ un’energia costante che lo porta ad essere molto più di un artista. E’ futuro.

Per sostenere e il progetto del documentario che racconterà la vita dello scultore Umit Turgay Durgun potete fare la vostra donazione sul sito di Gofundme. Ogni piccolo aiuto sarà una parte importante della realizzazione di un sogno. Grazie per il vostro aiuto.

https://www.gofundme.com/f/finanziare-il-documentario-su-umit-durgun?qid=d052f922275ff56856c067b1d79527c8

Per conoscere il mondo di Umit Turgay Durgun potete consultare il suo sito e i suoi profili social.

UMIT LO SCULTORE DELL’IMMORTALITA’

https://www.umitdurgun.com

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