Ho letto questa frase nei giorni in cui l’indossatrice Linda Evangelista dichiarava alla stampa di essere stata sfigurata a causa di trattamenti estetici, con conseguenti danni morali, psicologici e manco a dirlo, pesantemente economici.
È assolutamente penosa, una persona di bell’aspetto che ignora la dottrina degli anni (Diego dalla Palma).
Io sono una donna di provincia, per nulla attratta dalla rincorsa al mito dell’eterna giovinezza, della ruga spianata sul volto a mo’ di ferro stira e ammira. Ho consapevolezza del mio corpo che cambia, che si trasforma e non ci litigo, non gli faccio la guerra illudendolo di renderlo tonico come a vent’anni, non lo provoco: cerco di mantenerlo in salute, mangiando in maniera sana con pochi sfizi golosi e saturi di grassi, esercitando attività fisica, ma soprattutto facendo cose che mi garbano, rendendomi utile alla collettività, agli affetti più cari, rimanendo curiosa della vita, con una mai soddisfatta voglia di imparare. Do molta importanza al corpo, custode della mia anima che, per me credo poco, non sono i 21 grammi del famoso film del regista Alejandro González Iñárritu, ma è quel qualcosa che collega cuore, pancia e mente e ci rende umani. Non sempre. Non ho la presunzione di vantare una mia bellezza personale, mia nonna avrebbe detto che in gioventù si possiede la bellezza del ciuco (modo poco elegante ma esplicativo per dire che esiste un tempo in cui siam tutti belli, ma si sa che non è così, come non tutti i bambini lo sono belli, siamo sinceri). Sono stata bene nel mio corpo giovane, l’ho esibito con hot-pants, minigonne e topless (questo solo in Spagna dove in spiaggia sarei stata l’unica senza reggipetto). Ho curato molto i miei capelli lunghi, ho sempre tenuto all’aspetto personale, il trucco (mai pesante), l’abbigliamento senza essere mai fashion addicted (fissata con la moda). Tutt’oggi ho poche rughe, non è merito mio e nemmeno dell’unica crema che adopero, è questione di DNA: mia nonna a quasi 90 anni aveva una pelle bellissima, mia madre e mio padre parevano divi del cinema quando passeggiavano sul viale Verdi di Montecatini Terme. Ho raggiunto un equilibrio che non intendo sconvolgere inseguendo la giovinezza passata, m’intriga assai vivere il mio tempo, hic et nunc, qui e ora: dentro di me alberga una sempiterna ventenne che ha voglia di ridere e scherzare. Non sento il peso degli acciacchi, giorni fa un turista ha pure tentato un goffo approccio in un bar delle Terme, forse perchè il vedermi così gaudente e sprint (sono sempre di volata, mentre cammino, mentre telefono, mentre vivo perchè mi urta perdere tempo, ora più che in passato). Non posso tuttavia avere le stesse aspettative che avevo a vent’anni, come potrei pretendere di avere il corpo, il volto della mia giovinezza? Mi prenderei in giro. Ma basta ragionare di me, non sono io il motivo del contendere, sono solo una carampana campestre che osserva il mondo intorno a sè, anche quello apparentemente lontano e riflette.

Torniamo a bomba da lei, Linda Evangelista, che è stata tra le donne più belle del mondo: impossibile dimenticarla nelle foto di Vogue con gli abiti sensuali di Gianni Versace. Linda Evangelista non era certo una biondina teutonica e un po’ scialba tipo Claudia Shiffer, non era la Venere nera come la volubilissima Naomi Campbell, nota anche per le sue intemperanze (fu mollata da un tassista a Milano dopo un tot di bizze e svolse lavori socialmente utili per aver maltrattato una cameriera). Ma il karma esiste ed è ineffabile: un fotografo immortalò le sue patate ai piedi, leggi alluce valgo, conseguenza dei tacchi alti. In quel momento le donne furono non solidali, ma confortate perchè anche Naomi aveva un difetto oltre a un carattere di emme!

Tra tutte le top model di quegli anni fantastici, erano i tempi della Milano da bere e da pippare, lusso e tangentopoli, Linda Evangelista era un capitolo a parte: altera, quasi algida, pareva inavvicinabile, con quelle sopracciglia ad ala di rondine, che oggi vediamo in tanti signori maschi, che mettevano soggezione più dell’altezza. A vederla oggi, Linda Evangelista, nelle foto impietose eppure veritiere (anche ad uso assicurativo) prende lo sconforto. Sono scatti che la mostrano come tante di noi quando si recano al supermercato: un donnone sfatto e sfiorito, dove a stento si intravede la bellezza sfolgorante di un tempo, quando era padrona delle passerelle come indossatrice. Torna in mente Laura Antonelli, una donna bellissima e fragile, in balia di persone senza scrupoli che per sfruttarla in un sequel del film Malizia di Salvatore Samperi, quello che le diede una notorietà mondiale, la manipolarono nel corpo e nella mente, prosciugando un patrimonio cospicuo frutto di una carriera costellata di decine di film, abbrutendola fisicamente e moralmente.

In un lampo rivedo tutti questi personaggi più o meno celebri, ma quanti ce ne sono gesùmmio!, che non ricordano nemmeno lontanamente il volto di un tempo. Vedi prima le labbra turgide come un canotto appena gonfiato, gotine ritte e lucide, occhietti orientaleggianti, nasi così perfetti che urtano, perchè sono senza personalità, mancano di carattere. Si assiste a una sfilata di cloni, si fa a fatica a distinguere Alba Parietti da Simona Izzo, con quelle labbra che par che vadano per conto suo, con un labiale in differita rispetto alla voce.
Poi c’è anche chi nega e non si deve infierire, ma tacere per compassione. Tanto parla il loro corpo, le tette che scoppiano in aereo, il lato B che pare un pallone appiccicato senza garbo (mi riferisco alle ultime pubbliche apparizioni di Madonna, quella che canta), la fronte con la pelle tesa come un tamburello dove si può studiare anatomia di vene e capillari.
Io non sono contro la chirurgia estetica, beninteso: credo che per un personaggio
sia un atto di rispetto per il proprio pubblico e per chi personaggio pubblico non è sia un modo di aver rispetto per sè stesso. Ovviamente se non si esagera, se non diventa una dipendenza, se non si inseguono modelli che non ci appartengono. Se si insiste può accadere di ritrovarsi come Linda Evangelista, con l’aggravante che lei non ci sarebbe mai dovuta arrivare così, perchè lei non è una casalinga disperata che va al supermercato a fare la spesa ed è quello il massimo della libidine, lei può permettersi di non comprare cibi spazzatura, lei dovrebbe avere la responsabilità di non trascurare il suo corpo perchè il suo corpo è o era la sua fonte di reddito, e mandava messaggi chiari e forti di bellezza.
Oddio, è anche vero che lo stress e la pressione di una vita sotto i riflettori induce in tentazione e le tentazioni di solito sono negative, ma non le sarà mancato di certo uno psicoterapeuta in grado di aiutarla. Sono d’accordo con l’analisi illustrata sul caso dal chirurgo estetico Roy De Vita, che ha parlato di disagio psicologico ed ha ipotizzato che si sia rivolta a medici senza scrupoli. Dopo aver spiegato che cosa sia il coolsculpting, macchinario di criolipolisi che il dottor De Vita peraltro non adopera, per ridurre il tessuto adiposo, ha presupposto un effetto paradosso che ha fatto aumentare il grasso. Questo però a suo parere esclude che sia un trattamento in grado di sfigurare un volto, anche perchè si dovrebbe utilizzare per eliminare piccoli accumuli adiposi in una persona magra. Ma impietosamente il Daily Mail nel 2014, due anni prima del trattamento, pubblicò delle foto impietose di Linda Evangelista sovrappeso di almeno una quarantina di chili. La morale è che non si dimagrisce con la chirurgia estetica, ma con una dieta e con l’attività fisica. Punto.

Il caso Evangelista ha dunque riportato sotto processo il bisturi, le punturine e tutto il caravanserraglio di metodi ahimè non infallibili per apparire più giovani e più belli: ci sono i casi come quello di Anna Tatangelo che potrebbe essere mia figlia, che si è affidata al bisturi giovanissima e poi si è lasciata travolgere, trasformandosi in un’altra donna sicuramente affascinante ma innaturale, artefatta. Un velo pietoso si stende per Valeria Marini o per Mickey Rourke, perchè non scordiamoci che anche il maschio si affida al ritocco estetico, non bastandogli il parrucchino o la tinta di capelli color rosso volpe che non si affronta per il ridicolo che suscita.
A tutti questi non mi riesce perdonare il danno fatto all’opinione pubblica: basta fare due passi in centro città per imbattersi in canotti fuori stagione e fuori stabilimento balneare, con lingue che umettano le labbra ogni secondo e vorrei capire perchè, gotine tipo pesca melba, lustre di siero anti-età e anti-grinza, tanto che un neonato pare vecchio al confronto, specialmente se ride. Intravedo dietro una sorta di spavalderia conseguente la consapevolezza di essere ritornata una gran bella ficona un disagio inconscio, ovviamente non ammesso.
Un giorno m’è accaduto di parlare con una signora incrociata per la strada, che mi ha salutata come fosse una antica conoscenza: io la lasciavo discorrere semplicemente per cercare di capire chi fosse, perchè per me era una sconosciuta. Ma non lo ero per lei, che mi chiedeva di marito, figlia, lavoro: poi ha parlato di sè e ho capito chi fosse. Non l’avevo riconosciuta, e mi ero così fissata su quel viso rifatto da non concentrarmi sulla voce che sicuramente mi avrebbe tolto dalle ambasce.
Non ho simpatia per le rifattone in generale, credo si sia capito: mi piace il lifting discreto, come quello di Sharon Stone per intendersi, che diventa un modello a cui far riferimento anche se, va detto, irraggiungibile. Non è peccato farsi le punturine per attenuare il codice a barre che appare sopra le labbra a una certa età, ma è inconcepibile ridursi a un’imitazione riuscita male di un quadro di Picasso.
L’unica eccezione alle rifattone la faccio per Ornella Vanoni, che ha il volto indubbiamente devastato dagli interventi di estetica: il chirurgo forse non ha valutato che interveniva sulla pelle di una donna ultraottantenne? Lei candidamente in un’intervista ammise che voleva solo rifarsi il collo ornato di rughe e poi s’è lasciata convincere dal medico: magari una buona crema e il foulard intorno al collo come la mitica Sophia Loren sarebbero stati una migliore soluzione.
Leggendo un post sulle Barbie di Diego dalla Palma, non ho potuto non pensare al Re Mida degli influencers anche su scala internazionale e cioè Chiara Ferragni.

Tanto di cappello a questa giovane donna che ha creato un impero economico ragguardevole occupandosi di moda, bellezza, utilizzando e ottimizzando i social in maniera incredibile: e ha l’età di mia figlia, perdio! Rappresenta l’icona perfetta dell’imprenditrice gratificata non solo dalla professione ma anche da una famiglia felice, epperò la sua indiscutibile bellezza non mi persuade. Vero è che un trucco sapiente, uno studio fotografico come si comanda aiutano, però temo che pure lei si sia fatta sedurre dal tocco-ritocco, con uno stile Barbie per l’appunto che attizza le nuove generazioni ma lascia pressochè indifferente la sottoscritta, troppo abituata alla bellezza di Brigitte Bardot, Jane Birkin, Giovanna Ralli, Elsa Martinelli. Non dimentico la Dea per eccellenza che è Monica Bellucci, e mi congratulo con lei perchè riesce ad essere una affascinante donna matura senza rivaleggiare con la figlia Deva. Si sarà ritoccata? Diciamo che non me ne sono accorta. Ma di certo non ha bevuto una damigiana di botox (la battuta non è mia, ma del mitico Jean Claude di Mai dire gol).
Dunque, care amiche e anche nemiche che siete donne qualunque di città qualsiasi e quando vi va bene raccogliete due o trecento like nel post con ritratto photoshoppato che vi ha levigato pure le pieghe sul retro del piede perchè il botulino non v’abbastava, e Dio solo sa quanto urtate i nervi perchè magari eravate già femmes fatales ma non somigliavate alla bellona del reality di turno, guardatevi un filmettino degli anni ‘90 che mai avrei creduto fosse così profetico: La morte ti fa bella (Death Becomes Her, il tirolo originale è più azzeccato) diretto da Robert Zemeckis, interpretato da Meryl Streep, Goldie Hawn, Bruce Willis e Isabella Rossellini, una commedia nera ricordata per la trama grottesca e gli effetti speciali, da Oscar. Non vi svelo la trama, ma quello che trent’anni fa circa pareva fantascienza è invece più reale di quanto si creda.
Non diamo colpa alle Barbie, per cortesia: non sono le bambole a imporre modelli fisici (ma anche morali) così gonfi e al contempo decadenti, non sono loro a orientare verso il miraggio di una giovinezza eterna per il timore di una maturità (perchè chiamarla vecchiaia è alquanto inelegante), senza gratificazioni.
In edicola, giorni fa, ho comprato un abitino unito a una pubblicazione che rievoca le mitiche Susanna, Sylvie, Sheila e Simona della Furga. Venivano giustamente definite, negli anni ‘60, le bambole più belle del mondo e i loro vestiti erano ispirati dalle dive dell’epoca. Non ho mai ambito a fare la bambola, ad essere di gomma, coi capelli sintetici e la testa vuota: con le bambole ci si gioca, ci si diverte, prima come bambine, poi come mamme e magari come nonne.
Le bambole non sono il nostro specchio, ci si specchia nell’anima, che di plastica non è.