Avete presente lo stato d’animo di quando si riceve la comunicazione Inps che certifica la maturazione dei contributi per chiedere la pensione e dunque si inizia a fantasticare su tutto quello che si potrà fare, dopo una vita di lavoro e sacrifici, iniziando con la supervisione dei cantieri (e ora ce ne sono tanti, ma tanti davvero) e finendo con i pomeriggi ai giardinetti in compagnia dei nipotini? Però poi arriva una tegola dal Governo, tipo legge Fornero, che d’imperio butta all’aria tutti i piani, come certi tumori maligni e inattesi. Ecco, la Casalinga del Montalbano ha fatto questo paragone, quando s’è capito con la maratonamentana che sarebbe stato Sergio Mattarella il tredicesimo (numero portafortuna) Presidente della tanto bella quanto sciupacchiata Nazione italiana.

Ha intuito, nel mentre rammendava quel calzerotto col buco altezza alluce, lo stato d’animo magari fulmineo e temporaneo di questo signore così serio, riservato al punto da apparire financo ingessato, che il comico Maurizio Crozza imita così bene paragonando la presidenziale fisiognomica a quella di una tartaruga che nasconde la testa dentro il carapace quando si sente in pericolo.
Non si può non provare simpatia e vicinanza affettuosa per il Presidente Sergio Mattarella: la Casalinga lo ha visto in carne ed ossa (o meglio, ne ha riconosciuto il paltò blu di taglio sartoriale e la candida capigliatura) tra uno stuolo di persone, addetti alla sicurezza, addetti stampa e portaborse a vario titolo, dove lui scompariva praticamente fagogitato. Era la fine di novembre, stazione di Santa Maria Novella a Firenze e lui sarebbe salito su un Frecciarossa diretto a Napoli, prossima fermata Roma. La Casalinga sentì verso di lui un trasporto solidale come quello che si esprime a una persona che sta attraversando un momento difficile: dai, forza, coraggio, c’è la luce in fondo al tunnel Presidente Sergio Mattarella. Bugia, quasi insolente, nel Paese dell’eterno cantiere con gli stati avanzamento lavori immobili, mentre i costi raddoppiano e triplicano per soddisfare certi appetiti, per lo più appartenenti a stomaci politico-bulimici mai sazi. Il tunnel è proseguito e durerà fino al 2029. Mentre stende i panni sul filo, per risparmiare sulla bolletta evitando l’uso dell’asciugatrice, la Casalinga è assalita dallo sgomento: altri sette anni, sette, professor Mattarella, accanto alla gente che ha ordito trame contro di lei, per poi osannarla col voto, offendendo pure il tempio laico della nostra Storia repubblicana con voti ridicoli, che manco Franti del libro ‘Cuore’ avrebbe osato fare. L’ottava votazione che l’ha eletta ha visto pure nominare Giovanni Trapattoni e con questo s’è detto tutto. La Casalinga, nel mentre che stirava e guardava la tele, quando è arrivato il voto 505 (quello del quorum) e dall’emiciclo son partiti gli applausi, poi misteriosamente spariti in audio, ha avuto un pensiero per l’appartamento ai Parioli discreto come il Presidente, preso in affitto: chissà in quel momento cosa avrà pensato il proprietario, mentre il Presidente della Camera leggeva ad libitum, salvo qualche eccezione-avvertimento, Sergio Mattarella… Sergio Mattarella… Sergio Mattarella… Chissà.
L’ottava votazione e ciò che l’ha preceduta molto racconta sulla pochezza, sulla meschinità, sull’imbecillaggine dell’attuale classe politica che rappresenta gli italiani in Parlamento. Per descriverne tutto il pour-parler non basterebbero gli articoli sulla stampa, ci vorrebbe un’enciclopedia treccani-e-quarantaquattro gatti in fila per sei col resto di due. Lo sgomento della Casalinga si è tramutato in sdegno nel sentire certe dichiarazioni rilasciate ai giornalisti che si sono vieppiù goduti la bellezza delle vie di Roma intorno a Montecitorio e Palazzo Chigi, ma soprattutto del Quirinale. Lo sdegno, si sa, sovente provoca reazioni compulsive come quelle di scartare in automatico diversi chicchi e troiai ad alto tasso glicemico, ma non en ralentie come si vede nella rèclame del famoso cioccolatino dall’incarto rosso con la modella dalle labbra carnose e di cachemire vestita, bensì in una sorta di nevrotico trangugia e divora. Menomale che nel 2023 si tornerà votare per le politiche e speriamo (ma non illudiamoci) di non rivedere almeno una parte di questi sciagattati personaggi, senza dignità, senza coraggio, senza cuore, ‘con più culo che anima’ direbbe il verduraio del mercato rionale pensando ai loro stipendi e benefits (forse per questo qualcuno degli onorevoli si ostina spudoratamente a dire, quando fa le ospitate in tv, che ‘sta lavorando’). Già, ma chi manderemo a Montecitorio e Palazzo Madama? Magari il divertente sindaco Mastella Clemente da Ceppaloni con l’inossidabile tinta nei capelli che ha tifato in modo aperto e sfegatato (almeno lui) Pierferdy Casini, che spiega con parole sue il complicato mondo della politica e delle sue strategie e la rende, se mai ce ne fosse bisogno, ancora più detestabile.

La politica, quella con la p minuscola perchè la maiuscola da tempo s’è persa, intriga sempre meno la Casalinga del Montalbano, persuasa che il suo voto sia prezioso come un brillante. Si aggrappa a vane speranze e lo sa pure lei, quando passa in rassegna le quotidiane notizie: appalti truccati, mazzette, corruzione, interessi privati in atti pubblici, contraffazione prodotti alimentari, inquinamento ambientale, incentivi per la rottamazione (teme e ne ha ben donde, un simile incentivo per le mogli vetuste, convinta che gli islamici con più spose possano esserne in qualche modo promotori). Guardando le rose nel suo giardino, sbocciate anche nel freddo gennaio, la Casalinga ha nutrito una fiducia spuria nelle rose scempie di nomi offerti da taluni leaders di partito: povere rose, sbertucciate petalo dopo petalo dal soffio gelido del Burian che imperversava tra le sedi dei partiti, le piattaforme Zoom e le dimore ospitali! Trovarsi imprigionati tra i rovi di spine è stato un attimo, nulla a che vedere con i rovi e le spine che aggrovigliolano i povery italiani, con la pandemia, la crisi economica, la crisi dei valori, le crisi di nervi senza bonus psicoterapeutico e le incessanti passerelle dei politici così infidi, così infimi che non hanno neanche più la dignità e la moralità di fare un passo indietro, di riconoscere i propri errori, di assumersi le proprie responsabilità. Il passo indietro: questo sarebbe il metro che misura la capacità di un politico, di un leader di partito, ma non è usato da chi è colpito dal tic del citofono anche per cercare un candidato Presidente, dalla fregola della crisi di governo, non bastassero le crisi di cui sopra, dalla smania di apparire più furbo degli altri. Non con questo metro i politici hanno eletto il Presidente Sergio Mattarella, ne hanno usato un altro, logoro ma pur sempre efficace, dove la misura del successo è data dalla capacità di millantare, di fare spettacolo, di usare mantra retorici (ora è il tempo delle bollette care assaettate, ora è il tempo delle riforme, ora è il tempo delle more e al fiume ti portai, avrebbe aggiunto con sguardo triste Mino Reitano), il tutto per arrivare alla pancia della platea, costituita per lo più da analfabeti funzionali. La Casalinga del Montalbano lo sa, coglie le sfumature grazie alla sua essenziale semplicità, ma non si fa abbindolare: prova tristezza per il teatrino di questi ultimi giorni offerto dai partiti, tutti eh?, proprio tutti, ed è lei a chiedere scusa al Presidente Mattarella, che aveva diritto, come la vittima pensionanda della legge Fornero, a tornare un cittadino qualunque, a godersi con la riservatezza che gli è consona, la propria vita privata. Anche l’età gliene dava diritto. Parafrasando Battiato, sul Colle sventola balena bianca: e alla fine quei 759 elettori non possono non dirsi democristiani. Sergio Mattarella è salito al podio come il Presidente che ha ottenuto maggiori voti per la sua elezione, dopo Pertini beninteso, ma non c’è motivo di orgoglio per il modus operandi che ha portato alla sua nomina. C’è chi lo ha dileggiato pure per non aver detto di no, come se ci fosse stata una via di fuga per lui. E non c’era. Sergio Mattarella non ha la tempra di Sandro il socialista, ma gli va dato atto di aver saputo tener testa ai vari Grima Vermilinguo che lo attorniano e che seguiteranno a far parte della sua corte presidenziale: in più occasioni si è dimostrato assertivo, ha un senso dello Stato che gli fa onore, anche se non lo ha sguainato come faceva Pertini con la pipa nelle sue memorabili reprimende. È stato un vero Capo dello Stato, perdonate la cacofonia verbale, quando s’è trovato coinvolto nella pandemia, prima ondata, i morti trasportati con le camionette militari, e un Presidente del Consiglio nobile di cognome ma inadeguato, seppure inappuntabile anche nella chioma, a differenza di Sergio Mattarella, protagonista per i capelli lievemente scomposti come accadde in quel fuorionda che lo ha reso più vicino al suo popolo. È il Capo dello Stato che mentre i partiti giocavano a melina decise di chiamare SuperMario (e mai scelta fu più azzeccata): certo, quella chiamata ha tarpato le ali a un drago della finanza che ambiva ad essere Presidente della Repubblica ma si sa, non sempre le occasioni capitano al momento giusto. La squadra che gli ha potuto fornire per il Governo non è delle migliori, ma questo offre il mercato politico. Le elezioni al Quirinale hanno dimostrato che è un mercato assai inferiore a quello delle vacche di un tempo, dove i contratti si stipulavano con una stretta di mano. Che faranno ora insieme Sergio Mattarella e Mario Draghi? Il primo che ha scelto il secondo e il secondo che forse avrebbe potuto essere al posto del primo, con sommo nocumento per la conseguente, inevitabile crisi di governo ed elezioni anticipate, tanto care a chi fa politica a suon di sondaggi e spesso li gonfia, ma che è sprovvisto dei fondamentali per guidare come si deve un Paese fragile come l’Italia. La democrazia è a rischio, qualcuno suggerisce e quel qualcuno bada caso è favorevole al one-man-show e a certi estremismi mai davvero rinnegati: par di sentire certi no vax che invocano la libertà e intanto limitano quella del prossimo.
Il connubio Sergio – Mario è così pericoloso?

La Casalinga del Montalbano non crede lo sia, e rammenta fiduciosa che non esiste cattivo più cattivo di un buono quando diventa cattivo. Ogni riferimento è puramente casuale, anche il bravo giornalista allarmato per la democrazia capirà che il vero pericolo per gli italiani è un altro. Il battipanni che scuote certe coperte polverose e sprimaccia i cuscini pare strumento fondamentale, in senso metaforico ovviamente, per porre un limite alla deriva della politica minuscola dei nostri giorni. No, non è motivo di vanto veder frantumare i propri progetti per il futuro quando non sia più vent’anni, seppur lo chiede la ragion di Stato, seppur votati da elettori così grandi e consapevoli del grande compito loro assegnato che, arrivati al sabato pomeriggio erano già pronti col trolley in mano per tornarsene a casina a godersi i fatterelli propri, a rilasciare interviste al quotidiano di provincia raccontando l’esperienza romana con viva e vibrante soddisfazione (Napolitano perdonerà la citazione). Quando la Casalinga ha visto i Presidenti delle Regioni davanti al Quirinale per la foto ricordo non ha potuto fare a meno di ripensare a quelle belle gite in pullman gran turismo con vendita di pentole triplo acciaio inox, ma ha percepito l’orgoglio dei governatori che, comunque è bene dirlo, si sono dimostrati migliori di certi onorevoli deputati e senatori. Aveva diritto a un meritato riposo, il Presidente Sergio Mattarella, ma il teatrino di questi giorni ha modificato le priorità: come si fa a lasciare una Nazione in mano a gente che sembra giocare a Risiko, che sogna colpi di mano e cadute di Governo per smania di protagonismo e voglia di voto (quello vero, con le gabine elettorali come diceva il Senatùr oggi ahinoi su una carrozzella), che si infila in cul de sac incredibili e manco se ne rende conto (vedi la storiaccia del ministro del Mise, personaggio capace che tuttavia non brilla per coraggio dentro il suo partito), che abolisce la libertà da autorevoli terrazzi e poi dichiara al popolo di aver realizzato quanto bene i suoi colleghi di squadra gli volessero, tentando il colpaccio (a sua insaputa?) dell’elezione di una donna. Una donna, o codesta?, per di più a capo dei servizi segreti. Pure Sua Simpatia da Rignano ha fatto fòco e fiamme perchè non venisse votata: ed è anche amica sua, figurarsi.

Il ministro con la sfumatura alta, che non bisogna ricordare per la vendita di bibite allo stadio, ma per altre non mirabolanti imprese del dicastero suo caso mai, ha saggiamente evocato senza rammentarlo l’antico adagio: dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io. Molto ci sarebbe da dire su colui che dopo la débâcle della seconda carica dello Stato con legittime ambizioni di diventare la prima (prima assoluta anche di genere) senza arrivare al harakiri giapponese, avrebbe ben potuto fare un passo indietro, pure due o tre, come senso di responsabilità per aver sponsorizzato l’azzardata mossa. La Casalinga del Montalbano ormai è avvezza ad osservarlo come certe riuscite imitazioni di Crozza, ma senza ridere. Lo ha soprannominato il bruciafemmine perchè sciupafemmine nel contesto quirinalizio e in considerazione del suo fascino che ben ricordiamo in quel rotocalco, nudo col cravattino verdino, pareva troppo e invitava a interpretazioni benevole immeritate. La politica italiana voleva prepararci a colpi di scena inaspettati e rocamboleschi, e invece ha rivelato meschinità, ottusità, prevedibilità, dimostrando evidenti falle iniziando dall’ABC del savoir faire, clamorose perdite di prestigio, anche personale. Le definizioni spregiative si sprecano, ergo meglio evitare: la Casalinga non può fare a meno di notare come sulla pelle delle donne si sia giocato, lucrato, con strumentalizzazioni lontane dalla serietà e dalla competenza. Hanno tirato in ballo nomi come fossero usciti da un elenco da categoria protetta di un’agenzia interinale: è vero che lo hanno fatto anche con nomi autorevoli maschili, ma la questione femminile ha avuto maggior strascico e lo strascico la Casalinga lo sopporta solo per gli abiti nuziali di principesse e regine. Tra il grottesco e il surreale è apparso il calvario di un nome prestigioso e squisitamente femminile raccontato da un politico che ha rivelato, non si comprende se per dabbenaggine sua o altro, essergli stato suggerito col placet dell’avversario parco di dichiarazioni ma soprattutto di nomi, che via via mostrava foto di riunioni politiche che parevano sessioni di terapia di gruppo, con il classico assetto circolare: “Ciao, mi presento a tutti, sono XY e soffro di dipendenza”. Inutile dire che la Casalinga ha chiamato giustamente calvario quello che la politica ha commentato come accordo pressochè concluso: sul nome di una donna si sono divertiti più leader di partito. Divertiti, non le viene in mente altra parola e inorridisce.

La Casalinga del Montalbano auspica uno psyco-bonus per i politici. Ne hanno davvero un gran bisogno: nel frattempo andrebbero mandati a Sanremo.