“Con la fotografia riesco ad esprimermi, mantenendo quel distacco che la mia timidezza mi impone” Intervista a Francesco Marraccini | Filippo Basetti: UAU TALENT
Sono oramai tanti anni che conosco Francesco, e lo considero un amico, oltre che un bravissimo fotografo. Le fotografie di Francesco sono sempre un esempio per molti dei ragazzi che frequentano il gruppo fotografico di cui sono presidente. Fin da subito fotografie ottimamente realizzate, precise, curate e negli anni anche dense di significato, che gli hanno permesso di vincere importanti premi a livello regionale e nazionale.
Chi é Francesco Marraccini?
Credo sia difficile descrivere Francesco. Mi ritengo un “timido espansivo”, perennemente alla ricerca di migliorarmi in qualsiasi cosa faccio, in pratica un “perenne insoddisfatto”. Un pignolo che credo si veda anche nella stragrande maggioranza delle foto che scatto.
Non mi piace mostrarmi troppo, infatti spesso cerco di “snaturare” quello che fotografo, decontestualizzando i soggetti o cercando di trasformarli. Infatti queste sono le foto che sono più contento di mostrare, perché so che i più attenti sapranno coglierci quello che voglio raccontare o quello che ho fotografato. Cercando chiaramente composizioni ordinate, linee precise, e se non ci riesco, cestino…
Da quanto fai fotografia?
Premetto che sono un “nativo digitale”, che mi sono avvicinato alla fotografia nel suo momento di transizione dalla pellicola al sensore, e probabilmente è stata proprio questo cambiamento a incuriosirmi, essendo appassionato di nuove tecnologie.
Ho acquistato la prima macchinetta compatta circa quindici anni fa, giusto per provare, visto poi che il “giochino” mi piaceva, via via mi sono evoluto con l’attrezzatura ed ho iniziato a frequentare il Gruppo fotografico Fornaci, dove ho trovato grandi stimoli, grazie alla grande passione che trasmetteva l’allora presidente Tiziano Banci, e tutti i soci che vi ho trovato.
Da lì la fotografia è diventata il mio principale “passatempo”, come lo è tutt’ora, ed il GFF continua ad essere fonte di stimoli, nuovi, diversi dall’inizio, sempre più difficili, e per questo devo ringraziare anche te, Filippo…
Cosa ti ha spinto a fare fotografia?
Credo che il motivo principale siano state le visite al negozio dello zio fotografo, andavo spesso a trovarlo, fin da piccolo, e rimanevo incantato a guardare i macchinari “infernali” che sviluppavano e stampavano le fotografie.
Inoltre mi sarebbe piaciuto disegnare, ma purtroppo non credo di avere una mano felice, quindi ho trovato nella fotografia una semplificazione, e come dicevo prima, la passione per le nuove tecnologie.
A chi ti ispiri o quali sono i fotografi che ti piacciono in particolare modo?
Difficile dire a chi mi ispiro, spesso mi schizzano nella testa idee di foto e di progetti, talmente velocemente che devo prendere subito nota sennò me li dimentico, in queste situazioni non credo di ispirarmi a qualcuno (se non inconsciamente).
Mi piacciono molto i fotografi paesaggisti, Ansel Adams e Michael Kenna, e prediligo i loro paesaggi fotografati in bianco e nero. Entrambi in questo genere, seppur con stile molto diverso tra loro, sono per me due punti di riferimento.
Altri che mi vengono in mente e sono sempre felice di vedere e rivedere le loro opere sono Luigi Ghirri, Gabriele Basilico e Franco Fontana…. poi la lista potrebbe essere molto lunga.
Usi solo la fotografia per esprimerti?
Si, come detto poco fa, mi piacerebbe disegnare ma non sono capace, e solo con la fotografia riesco ad esprimermi, mantenendo quel distacco che la mia timidezza mi impone.
Già rispondere a questa intervista è faticosissimo….
Prediligi qualche tecnica particolare?
Si, il bianco e nero, ed i tempi lunghi di scatto. Il bianco e nero mi piace, elimina il superfluo per esaltare la sostanza, per questo lo trovo efficace e molto più bello da usare in molti generi fotografici.
I tempi lunghi invece rispecchiano una delle mie caratteristiche principali, la voglia di tranquillità ed allo stesso tempo la necessità di muovermi. Per scattare con tempi lunghi è necessario stare fermi, col cavalletto, immobili, e i momenti (spesso per le mie foto sono minuti) in cui la macchina scatta, sono momenti di pace, di riflessione, di tranquillità, ma allo stesso tempo, la foto che uscirà, sarà dinamica, con parti in movimento.
Quali sono i progetti fotografici o le fotografie in cui più ti riconosci e perché?
Il progetto in cui mi riconosco, e al quale tengo di più è sicuramente “Ascoltare il silenzio”. Questo è un progetto che ho realizzato nel 2014, e che racconta più di tutti di me, mostrando uno dei miei luoghi del cuore e rappresentando il silenzio come protagonista, con un linguaggio grafico, essenziale e minimale.
Ci tengo particolarmente perché è stato esposto in occasione di “TU35- Geografie dell’arte emergente in Toscana” nel 2015 alle Officine Giovani di Prato, una mostra collettiva organizzata dal museo Pecci, e “Romanzo Pistoia” nel 2016, a Palazzo Fabroni, Museo di Arte Contemporanea a Pistoia.
Hai progetti in corso o futuri di cui ci vuoi parlare?
Ho un progetto che sto portando avanti da diversi anni, diciamo che è costantemente work in progress, “Vita da pendolare”. È iniziato quasi per gioco, dopo aver deciso di usare il treno per recarmi a lavoro a Firenze, ho iniziato a notare alcune situazioni curiose, mi è venuto in mente dopo un po’ che avrei potuto fotografarle e raccontare anche un po’ ironicamente, quello che vede il pendolare medio quasi quotidianamente….
Un altro, che non ha ancora un titolo, l’ho iniziato pensando due foto per l’ultima mostra del GFF e mi piacerebbe proseguirlo, una volta finito questo brutto periodo di isolamento. Dovrebbe essere una serie di dittici, dove si paragonano geometrie che vediamo tutti i giorni in oggetti di uso comune o architetture, a forme della natura.
Domanda UAU: Qual è il tuo film preferito, il tuo libro preferito, e il tuo luogo preferito?
Il film mi mette un po’ in difficoltà direi Top Gun, ma non so nemmeno io trovare motivazione, forse perché l’ho guardato talmente tante volte da piccolo che ci sono più affezionato che altro.
Quindi escludendo quello, “V per vVendetta”, lo apprezzo per vari motivi, la trama è molto appassionante, la fotografia mi piace, cosa non sempre scontata nel genere, e il personaggio “rivoluzionario” mi intriga.
Per motivi diversi, ma facilmente intuibili da tutto il resto dell’intervista “Il sale della terra” lo trovo un capolavoro.
Il libro che mi piace ogni tanto rileggere è “Lezioni di fotografia di Luigi Ghirri”.
Il luogo preferito è lo montagna dell’appenino tosco-emiliano, in particolar modo il Lago Scaffaiolo, e credo che sarà il primo posto dove andrò, appena finita questa “reclusione”.
Se vi siete persi i miei articoli precedenti sulla rubrica UAU TALENT
“La Fotografia come una Donna. Mi ha rapito” Intervista a Simone Chiti
Samanta Bardi: “Dislivelli emotivi”. Intervista di Filippo Basetti