Anno nuovo, Sanremo vecchio. Si, perché il format della kermesse socio-canora per eccellenza non cambia di una virgola e fa presagire che non riuscirà a proporre niente di diverso dal passato. Come al solito, infatti, dovremo adattarci a subire l’ennesima rassegna di cartonati sopravvissuti a cinquanta anni di esistenza, fra parrucchini, botox e pentagrammi mal copiati, in alternanza a giovani per insufficienza di prove talmente mal costruiti da apparire più vecchi del padre di Orietta Berti. Questo il pronostico per il Sanremo 2022.

Siamo al trionfo del banale, in un quadro di politicamente corretto tanto fasullo quanto sgrammaticato ed irrimediabilmente sottomesso al kitsch, con un vomitevole mix di autotune, glamour de’ noartri e pubblicità occulta che resta tale solo per un pubblico di decerebrati. Saper cantare è un optional e conoscere qualcosa di teoria musicale (ma roba elementare tipo il pentagramma, il concetto di diesis e bemolli o la differenza fra quattro quarti e sette ottavi) è addirittura illusione allo stato puro: se sei una capra, non sai cantare, ma riesci ad urlare due o tre concetti cari al mainstream e ti vesti come uno scappato di casa con l’aggiunta di smalto alle unghie glitterato e sangue finto che ti sgorga da un orecchio, potresti anche rischiare di vincere o, al peggio, di vincere un premio della critica.
Il tutto, mentre gli avanzi di Gianni Morandi, Massimo Ranieri e compagnia cantante si sforzano di far finta che alla fine tutto sia rimasto qualcosa di abbastanza simile ad una manifestazione canora, quantunque tanta esibizione di ignoranza e cattivo gusto sia tale da rendere inappropriato anche il paragone con altro genere di eventi, tipo una fiera di allevatori di bovini o una gara di rutti a margine di un rave.

Esiste il peggio, inteso come categoria concettuale? Si, esiste. Ed è sempre il Sanremo 2022, quando le frontiere del trucido saranno varcate per l’ennesima volta.

Mai come in questo caso, in effetti, dovremmo avere a cuore la vecchia raccomandazione di Battiato, quello che voleva mandare in pensione i direttori artistici e gli addetti alla cultura per ripulire le pedane dagli scemi che si muovono e distruggere le menzogne costruite dall’ impero della musica: sarebbe il caso, dico davvero, e sarebbe il caso di indignarsi una volta per tutte per questo vilipendio delle sette note che troppo spesso assume il carattere di uno stupro di massa.
Per il Sanremo 2022 dateci musica, non immondizia; dateci ragazzi in jeans e maglietta che provano a far qualcosa che viene fuori dalle loro teste e dalle loro anime, con l’elettronica o senza, con chitarre, batterie, violini o sezioni di fiati, oppure con la sola voce se proprio non c’è altro. Ma dateci gente che suona, gente che fa musica semplicemente perché è ciò che ama fare. Punto e basta.

Per Sanremo 2022 lasciateci dimenticare tutta l’immondizia somministrata in questi anni, perché la misura è colma e la pazienza è esaurita: il pubblico, per quanto si sia fatto di tutto per renderlo troglodita e qualunquista, non è non sarà mai abbastanza ignorante per sopportare tutto questo scempio e sviluppare un meccanismo di rifiuto.
Resta la sensazione che, come usa in ogni tragedia che si rispetti, non vi possa essere redenzione senza catarsi, ovvero senza il fuoco sacro che tutto azzera e tutto purifica, senza guardare in faccia a discografici, impresari, cantanti o funzionari RAI. Ed un vago suono di messa da requiem si spande nell’aria densa di fumo acre, anche se l’Amadeus è quello sbagliato.

S. Del Giudice