Sabato 23 Aprile Francesco Motta è tornato ad esibirsi all’H2NO di Pistoia, uno dei primi club ad averlo ospitato ai tempi del suo esordio da solista sulla scena indie-rock italiana.
Lo ricorda lui stesso, ringraziando il visionario PippoDJ per l’invito in occasione del tour La fine dei vent’anni: era solo la terza data con la quale Motta portava in giro per l’Italia il suo album del 2016. Album che, tra l’altro, gli fece aggiudicare la Targa Tenco per la Miglior Opera Prima.

Qualora qualcuno tra i lettori fosse amante delle coincidenze, è opportuno scrivere che sabato è stata anche la terza occasione in cui il cantautore Lepre si è esibito in apertura al concerto di Motta.
Batterista, cantante, percussionista, rumorista dagli occhi di ghiaccio, Lorenzo Lemme ha scaldato il pubblico dell’H2NO con la sua musica. Da tenere d’occhio in vista dell’uscita del suo album.

Motta e famiglia
Le canzoni di un disco come La fine dei vent’anni, inutile negarlo, dal vivo non competono minimamente con la versione digitale.
Per descrivere un concerto di Motta bastano tre immagini sensoriali: la profondità nei suoi occhi, la grinta nelle bacchette mentre suona le percussioni – rigorosamente in piedi – e il calore misto a rabbia nella sua voce.



In completa e assoluta sintonia con la sua band composta dai musicisti Cesare Petulicchio (batteria), Giorgio Maria Condemi (chitarre), Carmine Iuvone (violoncello), Matteo Scannicchio (tastiere) e Francesco Chimenti (basso – violoncello), Motta porta sul palco anche i migliori testi tratti da Vivere o Morire e dal suo ultimo album Semplice.
Da Chissà dove sarai a Sei bella davvero, fino a una versione di Roma stasera che probabilmente ha continuato a rimbalzare nella mente (e nel cuore) di molti anche nelle ore a seguire, il cantautore pisano è riuscito a sincronizzare i battiti dei presenti.
La fine dei vent’anni

“Ora dovreste farmi un favore”, chiede durante il Bis. “Dovreste mettervi tutti a sedere”. La curiosità è tanta, l’emozione non è quantificabile. A sedere, anche i suoi musicisti. Luci basse, blu. Cuori e occhi in attesa.
È il momento de La fine dei vent’anni, che non sarebbe stata la stessa se non fosse stata suonata così, in un’atmosfera raccolta e intima:
C’è un sole perfetto
Ma lei vuole la luna
Di alzarmi non ho voglia
Oggi non combatto con nessuno

Motta, in look total black, si spoglia delle sue emozioni, si mette in ginocchio, suona con la sua famiglia, salta, batte il cinque a una bambina in prima fila, incita il pubblico dal palco:
“Ah, allora vi ricordate come si fa?! Siete venuti qui stasera e la verità è che avete fatto parecchio bene” […] “Ci stiamo riabituando anche noi, è incredibile tornare nei club così vicini”.
Ed è proprio di questa vicinanza, della quale non vorrei più scrivere come se non fosse normale così, di cui avevamo bisogno. Perchè la musica è connessione, è umanità, è scambio.
Grazie Motta, è stato un po’ come essere felici.


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